La memoria, si sa, può giocare brutti scherzi. Specie quando è corta, o quando è offuscata dall'entusiasmo partigiano. Succede, a tutti. Anche a Repubblica, che sabato scorso, per la nomina dei quattro senatori a vita tutti di comprovata fede anticentrodestra, ha esultato in stile Mondiali di calcio. «La bella Italia che vorremmo», il titolo del commento in prima pagina di Michele Serra. E, all'interno, l'altrettanto trionfante e gioioso «Artisti e scienziati: i volti dell'Italia migliore», titolone riepilogativo della pagina con i ritratti dei magnifici quattro. Peccato, però, che nessuno si sia ricordato che almeno uno di quei volti, quello del maestro Claudio Abbado, il celebre direttore d'orchestra appena promosso dal capo dello Stato a Palazzo Madama, giusto qualche anno fa sulle stesse colonne di Repubblica fosse stato annoverato, e nell'Italia peggiore, moralmente parlando: quella dei vip furbetti che per eludere il fisco fissano la residenza all'estero, e che per questo, beccati dall'Agenzia delle entrate, finiscono poi con l'essere multati.
Una stecca. Per Repubblica, sempre così attenta ai guai col fisco degli altri, specie se di centrodestra. E anche per il maestro Abbado, soprattutto adesso che da senatore a vita è chiamato a incarnare, appunto, «l'Italia migliore». A scovare quel vecchio articolo, che in poche ore ieri pomeriggio ha fatto il giro del web, Dagospia. Era il 2008, cinque anni fa. Il 19 marzo, titolo «Italiani in fuga da Montecarlo: nuovi nomi nelle mani del fisco». «Mettendo in fila le contestazioni scriveva Corrado Zunino l'Agenzia delle entrate ha scoperto che dai contenziosi aperti con 32 personalità conosciute e residenti fittiziamente nel Principato sono rientrati oltre 80 milioni di euro. Meglio, sono stati messi a bilancio 83,502 milioni di euro». Chi erano le «personalità conosciute» contenute in quella lista di Montecarlo messa a punto dal fisco nel 2008 che avevano pagato la multa, o comunque avviato l'iter per fare il concordato, accettando le contestazioni? Nel pezzo si ricordava il caso più eclatante, quello di Luciano Pavarotti, morto, all'epoca, alcuni mesi prima, a settembre del 2007. Quindi gli altri vip. «Per cifre inferiori continuava l'articolo hanno accettato le contestazioni del fisco il violinista Salvatore Accardo (171mila euro), il direttore d'orchestra Claudio Abbado, la coppia di lirici Cecilia Gasdia (144mila euro) e Michele Pertusi (85mila)...» e così via. Dunque, il maestro Abbado aveva «accettato le contestazioni». Per quale cifra non è dato sapere, l'articolo non riporta l'ammontare esatto. Ma, presumibilmente, non dovevano essere pochi euro. Lo si può dedurre da un dato. Un'agenzia Ansa del 15 aprile del 1981 riporta un elenco di artisti che figurano nei «Libri rossi» sugli accertamenti delle imposte dirette cui il fisco chiede più soldi. C'è anche Abbado, all'epoca direttore artistico della Scala di Milano, cui sono richiesti 216 milioni di vecchie lire (che a quel tempo non erano proprio spiccioli) «per due anni fiscali».
Niente cifra, per Abbado.
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