I legami pericolosi del legalista Crocetta tra boss e pentiti

Panorama rivela: a Gela il governatore era in confidenza con Di Giacomo, ex consigliere in odore di mafia

I legami pericolosi del legalista Crocetta tra boss e pentiti

Nella Sicilia dei due governatori marchiati a fuoco con l'infamante accusa di aver avuto rapporti con Cosa nostra, il neogovernatore star antimafia Rosario Crocetta si ritrova a combattere coi fantasmi del passato. Che raccontano di amicizie pericolose, frequentazioni e appoggi elettorali ad alto voltaggio. Dopo le rivelazioni del Giornale e le accuse della senatrice Simona Vicari del Pdl, è il settimanale Panorama in edicola quest'oggi a fare il botto. In cima alla lista c'è quella con Salvatore Di Giacomo, ex consigliere provinciale dell'Udeur in odore di mafia, di cui scrisse l'allora vicequestore Antonio Malafarina in un'informativa che raccontava anche di un boss, poi pentito, che faceva campagna elettorale per un giovane Crocetta (quel poliziotto oggi è stato eletto nel listino bloccato di Crocetta in consiglio regionale). Questo Di Giacomo veniva descritto come un personaggio in grado di orientare il sistema degli appalti «dall'alto della sua riconosciuta caratura criminale». Crocetta dice di averlo incontrato nel 2002 su richiesta di Di Giacomo. A smentirlo è però Roberto Sciascia, ex responsabile dei Lavori pubblici del Comune di Gela, che afferma: fu Crocetta a cercare Di Giacomo, col quale «c'era confidenza». Ricorda Sciascia che in quell'occasione si lavorò al patto elettorale che prevedeva che Di Giacomo avrebbe portato in dote a Crocetta (candidato sindaco) i suoi voti e lui avrebbe nominato il figlio Paolo assessore. Alla fine, Crocetta non accetta la proposta per il posto in giunta, ma si impegna – ricorda l'ex tecnico comunale – a trovare un posto di lavoro a Paolo Di Giacomo. Crocetta perde le elezioni, fa ricorso e vince al Tar spodestando l'eletto Giovanni Scaglione, con cui alla fine si era apparentato Di Giacomo. Qualche tempo dopo, Crocetta e Di Giacomo rompono ogni rapporto nonostante quest'ultimo fosse stato avvistato al comizio del nuovo sindaco a Gela. Di lì a poco Crocetta inizia a subire minacce che per il vicequestore Malafarina possono «trovare il loro presupposto in delicati equilibri di potere mafioso» e non, come inizialmente si pensò, nell'allora nascente impegno antimafia del primo cittadino. Questa storia, il battagliero Sciascia è andata a raccontarla ai carabinieri che, afferma, lo avrebbero sentito su delega del pm della Dda di Caltanissetta Nicolò Marino, entrato da poco nella giunta Crocetta come assessore esterno. Dell'esistenza di quest'inchiesta non se ne sa nulla. Marino e Crocetta, contattati da Panorama, non hanno voluto rispondere. Così il governatore che adesso accusa i «giornali di destra» di volerlo infangare non ha potuto spiegare le parole del pentito Rosario Trubia sul presunto appoggio elettorale ricevuto da Cosa nostra quando correva a sindaco. E che dire poi dei suoi rapporti con Alessandro Barbieri, a cui farà da testimone di nozze e che «diventa capomandamento di Gela nel 1989».

Barbieri è il consuocero di Pino Piddu Madonia, il capo dei capi della mafia nissena, ergastolano per la strage di Capaci, avendo suo figlio Marco sposato Maria Stella, figlia del padrino. Di lui il governatore ha questo ricordo: «Era un fine intellettuale. Che leggeva molto e amava il poeta francese Arthur Rimbaud». Et voilà.

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