Roma - Frustrato, agitato. Ma cretino proprio no. Se il capo della polizia, Alessandro Pansa, aveva trinciato un giudizio tagliente sul poliziotto che, sabato scorso ha calpestato la manifestante durante gli scontri del corteo per il diritto alla casa, a difendere l'artificiere ora indagato per lesioni, e con lui tutti i suoi colleghi, provvede il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro. Che alza uno scudo istituzionale per proteggere le divise blu sotto attacco.
Con Repubblica, Pecoraro prende decisamente le distanze da Pansa, «decretinizzando» l'agente incriminato. «Il comportamento di quell'artificiere è apparentemente inspiegabile», attacca. Poi il prefetto lo spiega, quel gesto che l'agente - chiarisce - «non doveva fare», e ipotizza che l'abbia fatto «per dare una mano ai colleghi», o per «la frenesia e la frustrazione di chi, improvvisamente, si sente bersaglio di chi, i manifestanti, è chiamato a tutelare». Tutto «per 1.200 euro al mese».
Se Pansa evocava punizioni esemplari per l'agente, Pecoraro affronta il problema delle manifestazioni globalmente e da un'altra prospettiva: quella dei poliziotti. Il prefetto della Capitale apre pure al codice identificativo per gli agenti, ma a patto di cambiare le regole del gioco per tutti gli attori, regolamentando il diritto di manifestare come già fatto con il diritto di sciopero, togliendo alibi ai «pochissimi poliziotti che violano le regole», ma soprattutto mettendo fine all'impunità di chi sfila col passamontagna e «il casco integrale allacciato alla cinta» sapendo che non andrà incontro «a nessuna conseguenza».
La discesa in campo di Pecoraro raccoglie il plauso dei sindacati di polizia. «Condivido la posizione del prefetto, frutto dei suoi tanti anni di esperienza e gestione della piazza», spiega il segretario generale del Siulp, Felice Romano, al Giornale. «A chi taglia corto e conclude che quel collega è un cretino - prosegue - vorrei domandare: è un Paese normale quello nel quale i poliziotti in servizio per una manifestazione danno per scontato che verranno bersagliati da uova marce, arance e ortaggi vari? Dopo ore in quelle condizioni è fatale che a volte qualcuno perda la calma, soprattutto se non è abituato a questo tipo di servizio, come nel caso dell'artificiere. Di lui si può dire di tutto, certo che ha sbagliato, ma non che è un cretino». Romano ricorda la filosofia del rinnovamento incarnata dall'apertura a Nettuno della scuola dell'ordine pubblico, «la prima in Europa», dove si insegna «che la parola d'ordine è mediazione, e a evitare lo scontro». Ma anche lui avverte: vanno cambiate le «regole». E il modello può essere quello applicato negli stadi. «Servono - spiega il sindacalista - fattispecie di reato specifiche, collegate alle manifestazioni, e bisogna prevedere l'arresto differito, come allo stadio, ma con più di 48 ore di tempo perché i facinorosi di solito sono travisati». Altro? Il processo per direttissima, e senza attenuanti. «Allo stadio - insiste Romano - si va a vedere la partita e si può finire negli scontri, a un corteo il blu o black bloc va di proposito per fare il violento. Una sentenza immediata e certa è un buon deterrente per chi oggi è forte di un'impunità assoluta: l'amico della ragazza calpestata è stato immortalato mentre brandiva una bottiglia rotta».
Il capo del Siulp pensa anche a una sorta di «daspo», per inibire cortei e manifestazioni a «coloro già arrestati o denunciati», e propone che la responsabilità civile, per i danni, «sia degli organizzatori». Una svolta nel sistema, insomma. E a quel punto, conclude Romano, oltre al «numero identificativo», si potrebbe fare di più: «Mettiamo telecamere sui caschi, a tutela dei poliziotti ma anche dei cittadini».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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