Una cosa ormai è chiara, alla vigilia della settimana finale: «La maggioranza che eleggerà il nuovo presidente sarà la stessa che formerà il governo», sintetizza un renziano.
E tocca soprattutto a Bersani scegliere: o blindare un accordo con il centrodestra - come due terzi del gruppo dirigente lo spingono a fare - su un nome «condiviso» (Finocchiaro, D'Alema, Marini, Amato, Mattarella: il problema è trovarne uno che piaccia quasi a tutto il Pd), e poi acconciarsi a dar vita ad un governo con la benedizione di Berlusconi. Oppure rompere, e andare su un candidato del solo centrosinistra (Prodi) sperando nell'apporto dei grillini, e nel loro successivo via libera al famoso «governo di cambiamento». I bookmaker interni, ieri sera, erano singolarmente univoci: fifty-fifty, «c'è un 50% di possibilità che esca Prodi, e un 50% che esca il nome scelto con Berlusconi», confidava un dirigente prodiano. E la stessa quotazione veniva ripetuta in casa dalemiana. A giudicare dalla bersanianissima Unità la prima ipotesi è la più forte: ieri il direttore Claudio Sardo invocava «un presidente eletto al primo scrutinio» attraverso una «larga intesa» di «corresponsabilità istituzionale», e se la prendeva con «veti e tatticismi che si annidano nel Pd».
Intanto si diffondeva la voce che martedì dovrebbe aver luogo il secondo incontro tra il segretario del Pd e il leader del Pdl, e da alcune fonti trapela la voce di una terna che Bersani potrebbe presentare al rendez-vous, composta da Amato, Marini e Prodi. Secondo altri proporrà un nome secco, su cui prima però deve riuscire mettere d'accordo tutti. Con la variabile Renzi, naturalmente, che ormai non perde un colpo. Ieri sera il sindaco di Firenze ha spietatamente impallinato due possibili candidati «condivisi» Anna Finocchiaro (che «andava all'Ikea con la scorta che spingeva il carrello») che Marini. E ha restituito pan per focaccia a Bersani: «Mi spiace che cerchi l'insulto... io gli ho solo chiesto di far presto». Quanto al resto, «qualcuno vuol mandare Berlusconi in galera, io voglio sfidarlo alle elezioni». I suoi, intanto, insistono su Prodi e sono in contatto con Arturo Parisi, vero cervello politico e tessitore di alleanze per Prodi. E unico dirigente Pd che partecipò alla Leopolda renziana.
Il lavorio dei sostenitori di Prodi - che ieri ha ottenuto il supporto, non si sa quanto gradito, di Nichi Vendola - continua, e che la partita sia al culmine lo rivela il nervosismo con cui l'ex premier ha reagito alla notizia, scoperta dal Foglio, di un curriculum prodiano sul sito della Brown University reso più sexy da una laurea e un dottorato mai conseguiti: «È partita la macchina del fango», denuncia l'addetta stampa del Professore, sottolineando che sul sito di Prodi «è pubblicato un curriculum senza sbavature». E dall'agitazione che si è scatenata, nello stato maggiore prodiano, quando sabato Prodi ha improvvidamente dichiarato ai cronisti che lui è «fuori» dalla corsa al Quirinale.
Scivolone rimediato ieri tramite intervista a Servizio Pubblico (hai visto mai qualcuno nel Pd prendesse la palla al balzo): «Non vorrei che si creasse un problema di emigrazione di massa, posso solo dire che nella corsa per il Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare». Ma lui ci pensa, eccome.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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