Suspense? Nossignori. Il tormentone Silvio Berlusconi finirà (anzi non finirà) secondo uno stile prettamente italiano. La Cassazione, nome che evoca l'attività delle imprese di onoranze funebri, deciderà di non decidere. Rinvierà. Prenderà tempo allo scopo di perderne. Nei panni dei giudici faremmo lo stesso per motivi di quieto vivere.
Ipotesi. Mettiamo che la Corte, esaminate le carte e uditi gli interventi degli avvocati, si convinca che il Cavaliere sia innocente perché, all'epoca dei fatti criminosi, non ricopriva incarichi di responsabilità amministrativa nell'azienda Mediaset. Siamo seri. Come potrebbero le toghe emettere un verdetto di assoluzione senza scatenare un putiferio?
Si dà il caso che la Procura di Milano sia impegnata da un ventennio nel tentativo di dimostrare che Sua Emittenza, come lo chiamavano una volta, sia un fior di delinquente degno di essere incastrato, cioè chiuso in galera. Costui, inoltre, è già stato condannato in primo e secondo grado dai tribunali del capoluogo lombardo. Non sono precedenti da sottovalutare. Ora, se al termine dell'iter giudiziario, la Cassazione dovesse stabilire che l'imputato, povero cristo, è puro come un giglio, va da sé che sia la suddetta Procura (chissà perché mi viene in mente il nome della dottoressa Ilda Boccassini) sia i suddetti tribunali (incluso l'appello) ci rimarrebbero maluccio, in quanto il loro lavoro verrebbe annullato e considerato una sordida bufala. Come dire: decine di magistrati si sono inutilmente dati da fare per sostenere che il Cavaliere è un filibustiere e, invece, è un bravo ragazzo meritevole - per noi cassazionisti - di andarsene libero e bello per i fatti suoi e con la fedina penale intonsa.
Non si possono trattare così male quelli che, in fondo, sono colleghi di ruolo nell'ordine giudiziario. Che figura ci farebbero? Inoltre, si darebbe ragione a quei porci di centrodestra che da lustri sostengono: povero Silvio, è vittima di un accanimento da parte di toghe impropriamente definite «rosse». Chiunque capisce che un verdetto favorevole all'ex premier avrebbe il valore di una condanna per i rappresentanti milanesi della giustizia. No se puede. Ci andrebbe di mezzo la credibilità di tutto l'apparato della giustizia, i cui detrattori avrebbero buon gioco ad affermare che Berlusconi è stato massacrato non in quanto violatore del codice penale, ma perché uomo politico antagonista della sinistra e, quindi, nemico dei giudici simpatizzanti per la medesima.
Essendo uomo di mondo, che nella vita ne ha viste di tutti i colori, escludo pertanto che la Cassazione, saggia per definizione, si assuma la responsabilità di certificare il candore del Cavaliere e la crudeltà mentale dei suoi (presunti) aguzzini togati. Chiaro il concetto? D'altronde, qualora i signori chiamati all'ultimo giudizio dovessero accogliere le tesi accusatorie sostenute dai precedenti processi, condannando l'imputato, volontariamente o no provocherebbero un disastro istituzionale le cui conseguenze politiche sono inimmaginabili oppure fin troppo immaginabili.
Si direbbe che Berlusconi è stato fatto fuori dalla giustizia amica dei comunisti in quanto costoro non erano stati in grado di sconfiggerlo alle urne. Insomma, qualsiasi fosse, il verdetto finale sarebbe fonte di guai e polemiche destinate a influenzare il corso non solo della vita politica ma anche di quella giudiziaria.
Ecco perché - e arriviamo al dunque - siamo persuasi che la Cassazione si guarderà bene dall'esprimersi in forma definitiva. Essa sarà fortemente tentata di tergiversare. Come? Semplice. Eviterà con cura di assolvere quanto di condannare, e con una sentenza pilatesca comanderà il rifacimento del processo d'appello appigliandosi ad alcune incongruità di cui nessun procedimento è immune.
Dopo di che? Passeranno mesi, forse anni, finché - si spera - la situazione si normalizzerà.
Può darsi che m'inganni. Se così fosse, chiedo scusa in anticipo. I pronostici - diceva Gianni Brera - li sbaglia solo chi li fa.
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