Non entriamo nel merito delle varie riforme avviate dal governo Renzi. In proposito c'è già tanta confusione e non vorremmo contribuire ad aumentarla. Ci limitiamo a esprimere sorpresa per le dichiarazioni fatte ieri ad Agorà, programma mattutino di Rai 3, dal ministro (appunto per le Riforme costituzionali) Maria Elena Boschi, nota anche per le sue gradevoli forme sulle quali ella tuttavia preferisce sorvolare, e non possiamo darle torto.
Che cos'ha detto la gentile signora davanti alle telecamere? «Io temo che in questi trent'anni le continue prese di posizione dei professori abbiano bloccato ogni tentativo di rinnovo della Carta, oggi non più rinviabile per il Paese». A quali professori alludeva? Presumo a quelli che hanno sottoscritto il manifesto di Libertà e giustizia, cioè Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Salvatore Settis, Nadia Urbinati e altri più o meno famosi e più o meno ciarlieri, convinti che il premier abbia impresso una svolta autoritaria nella «liturgia» di Palazzo Chigi.
Non sappiamo se costoro abbiano ragione. Secondo l'onorevole Boschi, no: non solo non avrebbero motivi per sospettare che Renzi sia incline a usare metodi dispotici, ma sbagliano a far sentire la loro voce contraria alle iniziative del suo gabinetto perché ciò creerebbe un clima tale da frenare, o addirittura impedire, la realizzazione delle riforme in fase di avanzata gestazione. A nostro avviso, se commettono un errore i professori a criticare il presidente del Consiglio accusandolo di eccessivo decisionismo, il ministro Boschi ne commette uno ancora più grave attribuendo loro la capacità di condizionare (neutralizzare) le scelte della politica. Al punto - ha aggiunto il ministro - che da decenni i suddetti soloni impediscono, con i propri accademici mugugni, ogni modifica della Costituzione finalizzata a rendere più efficiente il sistema.
Qui c'è qualcosa che non va. Intanto non si può negare a nessuno, neppure ai tromboni e alle trombette, il diritto di contestare apertamente i provvedimenti dell'esecutivo e del Parlamento; inoltre è assurdo pensare che 10, 20 o 50 cattedratici, per quanto autorevoli, siano così potenti da azzerare la volontà di chi è legittimato dalla stessa Costituzione a portare a termine un progetto. Se finora chi ha guidato la nazione non è riuscito a modernizzarla sotto il profilo istituzionale, non è corretto, bensì abbastanza ridicolo, attribuirne la responsabilità ai professori. I quali fanno il loro mestiere, talvolta bene e spesso male, e non dispongono di altro mezzo se non della loro lingua.
Discutono, ma non deliberano. Tant'è vero che recentemente il capo dello Stato formò una commissione di saggi e la incaricò di studiare un piano di riforme utile a rilanciare l'Italia. Il lavoro dei saggi sarà anche stato eccellente, ma s'ignora che fine abbia fatto. Giacerà in qualche cassetto in attesa di essere trasferito nell'inceneritore o, nella migliore delle ipotesi, in archivio per la gioia dei posteri. Riconosciamo agli intellettuali in questione di essere protagonisti nei salotti e anche sui giornali nella veste di commentatori di pronto intervento, pertanto avranno forse un minimo di influenza - ammesso che vengano letti con attenzione - sull'opinione pubblica. Ma diciamolo con franchezza e con una punta di volgarità: essi non contano un tubo sul piano pratico. Basta un sottosegretario a zittirli.
D'altronde se essi avessero un peso determinante, cara ministro Boschi, non frequenterebbero le aule universitarie, quanto piuttosto quelle assai più ricche di soddisfazioni, in particolare economiche, del Palazzo (Madama o Montecitorio o Chigi). Senza offesa: è risaputo che coloro i quali sono bravissimi a insegnare non lo sono in pari misura nella difficile arte di fare. Cosicché, invece di dare sostanza alle loro incontestabili (per noi comuni mortali) teorie, preferiscono redigere manifesti, proclami, e roba simile. E tutto si ferma lì.
Non vi è dubbio: i docenti sono persone stimabili (per esempio Mario Monti, per citarne uno) finché si dedicano alle «sudate carte», ma se saltano lo steccato e si piccano di calpestare il terreno della
concretezza, addio, inciampano e cadono. No, ministro Boschi, se il governo di cui lei è parte fallirà nel ramo riforme, la colpa sarà sua e soltanto sua. I professori non sono nemmeno all'altezza di sgambettarlo. A ciascuno il suo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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