"In Italia si mangia male" La Borletti chic finisce arrosto

Chef imbufaliti contro il sottosegretario che ha criticato la nostra cucina Alajmo scrive al premier: "È la persona sbagliata nel posto sbagliato"

"In Italia si mangia male" La Borletti chic finisce arrosto

Una cosa Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni culturali, l'ha certamente ottenuta con la sua sparata contro gli chef italiani. Un fiume di inviti a cena da parte di cappelli bianchi ansiosi di farle cambiare idea. Se vorrà la signora BB potrà mangiare a sbafo per parecchie settimane nelle migliori insegne dello Stivale; anche se forse, visto l'idea che ha del made in Italy a tavola, quello che per molti di noi sarebbe un tour da sogno per la cotonatissima signora si trasformerebbe in odissea.
Il mondo degli chef italiani si sta ribellando alle parole rilasciate dalla signora la scorsa settimana a Panorama. «In Italia si è smesso da tempo di mangiare bene, purtroppo. Siamo corsi dietro alle mode, ai francesi, allontanandoci dalla nostra idea di cucina. Per cucinare occorre tempo, non ci vogliono telefoni che suonano».
Apriti cielo. Su facebook la rivolta è servita. Con una bella dose di ironia tra gli ingredienti. «Gli chef italiani lavorano male, il mio parrucchiere benissimo», lo scherzoso commento a una foto virale che ritrae la BB in una delle sue più riuscite acconciature diciamo così vintage. Molto più seria la reazione dei fratelli Raffaele e Massimiliano Alajmo, titolari del «tristellato» Le Calandre di Rubano (Pd), che a nome di tutti i colleghi redigono una lettera aperta al premier Enrico Letta, a cui chiedono «una presa di posizione netta e chiara verso il sottosegretario». «La Buitoni - scrive Raffaele - è la persona sbagliata nel posto sbagliato. In un periodo storico come quello attuale, farci rappresentare da una persona che non ha la benché minima idea di quanto i ristoratori italiani in Italia e nel mondo facciano da ambasciatori per il Paese e per i nostri prodotti è inaccettabile. La cultura è il bene più prezioso del nostro Paese e la cucina italiana ne è parte oltre a essere una delle motivazioni principali per la scelta di un viaggio in Italia. E il turismo in Italia è la risorsa principale del Paese, l'unica non automatizzabile e non industrializzabile».
Gennaro Esposito, chef della Torre del Saracino a Vico Equense, nella penisola sorrentina, invita la sottosegretario alla sua «Festa a Vico» che compie dieci anni e che quest'anno vedrà impegnati cento chef italiani e stranieri: l'occasione per un confronto sul campo. «Ma mi viene il dubbio che non si sarebbe scagliata con tanta facilità contro notai, farmacisti, tassisti. Forse molti sono infastiditi dalla visibilità degli chef e non si lasciano sfuggire l'occasione per gettare discredito sulla categoria. Un vero peccato».
Il sito scattidigusto.it di chef ne ha stuzzicati molti, più o meno noti. E l'amarezza è tanta: «La cucina è come l'arte: ci sono dei bei quadri e dei brutti quadri, dei bravi artisti e degli artisti scadenti. E mai come in questo momento gli interpreti della cucina italiana esprimono un'identità nazionale e sarebbe ora di riconoscere fattivamente il potenziale che avrebbe per il Paese un più stretto rapporto tra cucina, turismo e cultura», dice Massimo Bottura, che incanta il mondo nell'Osteria Francescana di Modena. «La dichiarazione della signora Buitoni sembra sottolineare un suo distacco dalla realtà della cucina italiana e dai suoi chef», segnala Cristina Bowerman, chef della romana Glass Hosteria. «Pensare allo chef che si distrae in cucina, che deve essere isolato per dare il meglio di sé significa ritornare indietro di 50 anni», fa notare Andrea Berton del nuovo Pisacco a Milano. Anthony Genovese del bistellato Pagliaccio di Roma non fa sconti: «La politica non ha mai capito niente di cucina e soprattutto non dà mai una mano. All'estero i politici pranzano nei ristoranti stellati e mostrano sempre rispetto per il lavoro degli chef».

Non più tenero Francesco Apreda dell'Imàgo dell'hotel Hassler di Roma: «È evidente che il sottosegretario Buitoni non sa quello che dice. Queste dichiarazioni sono indice di un livello di cultura gastronomica molto basso».

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