Un italiano su due è contrario al ritorno della lira. Quindi, se l'aritmetica non è un'opinione, l'altro italiano è, se non favorevole, almeno, diciamo così, non contrario. Il trend registrato da Euromedia Research è piuttosto chiaro e segue l'andamento degli smottamenti della nostra economia e di conseguenza delle nostre certezze: se nell'ottobre del 2011 - quando il governo Berlusconi era ancora in sella - il 70,1 per cento degli italiani vedeva come il fumo negli occhi il ritorno di Michelangelo, Alessandro Volta e Maria Montessori nei nostri portafogli, oggi il dato è sceso al 50,3, dopo aver toccato, a giugno 2012, addirittura il 47,1. Al contrario i favorevoli al ritorno della nostra vecchia valuta sono passati nello stesso periodo dal 21,5 al 39,1, con un 10,6 di indecisi che magari non sono fan della lira ma certo nemmeno dell'euro.
Un dato che fa riflettere, e che va letto come una risposta alla paura per la quale Alessandra Ghisleri, amministratore delegato di Euromedia Research, usa una metafora meteorologica. «È una questione di percezione, come quando ci sono 38 gradi e ne percepiamo 45. Ecco, la percezione del livello di tensione è elevatissima, diciamo che abbiamo la pelle delicata». E l'euro da questo punto di vista è considerata una moneta «che ci è estranea, con la quale dipendiamo da altri Paesi, mentre la lira è una moneta nostra. Le famiglie italiane non vogliono che la loro agenda sia decisa da un'entità lontana, che non riconosce le loro problematiche. La gente ha bisogno in questo momento di punti di riferimento forti».
Secondo l'analista e sondaggista Luigi Crespi il popolo degli antieuro sarebbe addirittura più folto: «L'euro è una moneta che nessuno ama a parte forse i ventenni che ci sono cresciuti. È considerata senza cuore, senza anima, senza bandiera. La moneta unica viene ricollegata soltanto a fastidi, aumenti di prezzi, disgrazie, anche perché da parte di chi dovrebbe farlo non vengono mai evidenziati gli aspetti positivi dell'euro. Invece la lira è legata a momenti positivi della nostra storia». Quindi solo nostalgia? «Un po' è come dire: si stava meglio quando si stava peggio. Ma il sentimento negativo è comune a tutti, anche a chi è abbastanza lucido da non chiedere oggi un ritorno alla lira perché sa che sarebbe una strada impossibile da percorrere». Insomma, anche quel 50 per cento favorevole all'euro non lo ama ma lo sopporta, come un coniuge da cui è troppo traumatico divorziare. «Infatti - fa notare Crespi - se si ponesse la domanda: abbiamo avuto vantaggi dall'introduzione dell'euro, l'80 per cento degli italiani risponderebbe di no».
Non tutti i sondaggisti però la vedono così. Secondo Nicola Piepoli «la grande maggioranza degli italiani, e dico due terzi se non addirittura tre quarti, pensa che l'euro sia una moneta stabile». Quindi è tutta una questione di come si pone la domanda: «Nel 1941 - spiega Piepoli - la Gallup pose tre quesiti agli americani sull'entrata in guerra, formulandoli in maniera diversa e ottenne risultati molto diversi». La stessa idea di Renato Mannheimer dell'Ispo, secondo cui il dato registrato da Euromedia Research è sovradimensionato. «Un sondaggio da noi svolto poco tempo fa dava al 30 per cento gli italiani favorevoli al ritorno della lira. Naturalmente non voglio dire che il sondaggio in questione non sia stato realizzato bene, tutt'altro, ma solo che tutto dipende da come viene posta la domanda».
Domanda che, secondo l'analista Klaus Davi, non andrebbe proprio fatta agli italiani: «Questo è un argomento troppo tecnico, su cui gli italiani non sono sufficientemente preparati, motivo per cui danno delle risposte di pancia. Anche l'élite fa fatica a dare delle risposte ragionate».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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