«Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango». È il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, a paragonare l'aspetto fisico del ministro dell'Integrazione, Cecile Kyenge, a quello di una scimmia. Calderoli lancia la sua invettiva in pubblico dal palco, durante una festa della Lega a Treviglio e pur avendo già accumulato un ricco curriculum di sparate scioccanti con questa supera se stesso. Soprattutto quando a sua difesa spiega che si tratta di «una battuta simpatica» che «non intendeva offendere». Qualunque intenzione avesse il vicepresidente del Senato riesce a raggiungere tre obiettivi, tutti negativi. La prima è l'inevitabile condanna unanime da parte di (quasi) tutto il mondo politico da dove si leva anche la richiesta di dimissioni immediate dalla carica in Senato. La seconda, più gravida di conseguenze, è che con il suo insulto Calderoli rischia di spazzare via la possibilità di una seria discussione sulle scelte politiche da fare in materia di immigrazione. A cominciare dalla richiesta del riconoscimento dello ius soli avanzata proprio dalla Kyenge.
Infine la terza conseguenza è che le parole di Calderoli diventano la goccia che fa traboccare il vaso della pazienza di Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato è indignato oltre che preoccupato per quella che appare come una deriva verso «l'imbarbarimento della vita civile» nella quale l'insulto di Calderoli è soltanto l'ultimo gravissimo episodio. L'ennesimo misfatto che si aggiunge alle minacce di morte scatenate su Facebook contro Mara Carfagna e infine al caso più grave: l'incendio del liceo Socrate di Roma già catalogato come atto di terrorismo. Fatti gravi che inquietano il Quirinale e che verranno affrontati da Napolitano in un incontro con la stampa il 18 luglio.
Alle parole di Calderoli il ministro replica con distacco. «Non le prendo come un'offesa personale ma mi rattristano per l'immagine che danno dell'Italia - dice la Kyenge - A Calderoli come persona non ho nulla da dire ma chiedo che come rappresentante delle istituzioni tragga le conseguenze insieme al suo partito». Solidarietà alla Kyenge da parte di tutti i rappresentanti del governo. Dal premier Enrico Letta che definisce «inaccettabili le parole del senatore Calderoli», al ministro dell'Interno, Angelino Alfano che ha chiamato al telefono il ministro per offrirle «solidarietà per l'insulto vergognoso che le è stato rivolto».
Pure il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, condanna «le offese gratuite e gli insulti a sfondo razziale» mentre Pier Luigi Bersani definisce la Kyenge una donna straordinaria e le parole di Calderoli «bestialità». Calderoli reagisce, spiega che non ha nessuna intenzione di dimettersi ma chiede scusa al ministro con una telefonata in serata («Ci siamo chiariti»), invitandola alla festa leghista di Bergamo. «Se Kyenge si è offesa me ne scuso - dice Calderoli - Accetto di catalogare la mia battuta come infelice ma non voglio sentire accuse di razzismo da parte di politici che sono razzisti ogni giorno con i cittadini del nord. E per farmi perdonare dal ministro Kyenge la invito ufficialmente a un dibattito alla Berghemfest in agosto». Il segretario leghista Roberto Maroni lo bacchetta con un «ha sbagliato», riconoscendo che si è scusata. «Noi non attacchiamo le persone -aggiunge- ma contrastiamo le idee sbagliate». Le dimissioni? «Deciderà lui».
Calderoli ribatte: «Non vorrei che si parli delle mie dimissioni per evitare di parlare di quelle di qualche altro ministro per la vicenda Ablyazov - insinua - Una battuta infelice non può essere paragonata ai danni che questo Governo sta facendo al Paese». Il segretario della Lega Lombarda, Matteo Salvini, suggerisce su Facebook che si parli di questo per evitare altri argomenti. «Molti giornalisti italiani mi fanno schifo - dice - A qualcuno scappa una battuta del cavolo e diventa la notizia del giorno». Per Salvini si dovrebbe parlare di «pensioni da fame e aziende che chiudono».
È ipotizzabile che Calderoli debba dimettersi? No a meno che non lo faccia di sua spontane a volontà ma il leghista ha già detto che non ha alcuna intenzione di farlo. Non è possibile costringere alle dimissioni il presidente, il vicepresidente e altri componenti degli uffici di presidenza di Camera e Senato in base al regolamento. Anche se il presidente della Camera, Laura Boldrini twitta «quelle di Calderoli sono parole volgari, civili e indegne per le istituzioni». E c'è chi per condannare gli insulti non trova di meglio che insultare a sua volta.
Come Andrea Vecchio di Scelta Civica che parla di «grugni leghisti» da studiare con le teorie di Lombroso e Giancarlo Galan (Pdl) che invita Calderoli a studiare il comportamento degli oranghi «che avrebbero molto da insegnargli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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