Roma - C'è un'isola felice nel cuore di Roma dove la crisi non esiste e gli stipendi salgono anno dopo anno, automaticamente, con una progressione spaventosa (beninteso, per quindici mensilità annuali). Ecco, in un documento riservato di Palazzo Madama, le cifre scandalose della vera Casta, quella dei dipendenti del Parlamento (circa 800 al Senato, 1.540 alla Camera). Commessi, uscieri, stenografi, addetti alle pizzette in buvette, segretarie, assistenti e dirigenti con stipendi allineati al Qatar, non all'Italia delle famiglie in bolletta e degli imprenditori suicidi. Il documento, datato fine 2012, riporta gli stipendi lordi dei dipendenti, con gli scatti per ogni anno di servizio e la simulazione della loro curva retributiva. Più che una curva, una linea retta che schizza verso l'alto e vola verso i livelli stellari di fine carriera, pari a quelli di un manager d'azienda. Quelle tabelle sono il frutto di un tentativo, fatto dagli appositi comitati per il personale di Senato e Camera, di ridurre un po' gli stipendi finali dei dipendenti del Parlamento, portandoli da 27mila a 21mila euro per il livello fine carriera. Ma niente, non c'è stato nulla da fare contro le barricate delle 13 sigle sindacali a Palazzo Madama, soprattutto con quella più forte, la Cgil Senato, la più decisa a difendere i privilegi dei lavoratori da 30mila euro al mese.
Partiamo dal grado più basso, la «fascia di assistenza tecnico-operativa», cioè i commessi, o i famosi barbieri. Appena arrivati hanno un lordo di 2.482 euro al Senato e 2.338 euro alla Camera. Ma dopo soltanto 12 mesi, per contratto, scattano rispettivamente a 2.659 euro e 3.199, e ogni anno guadagnano di più, inesorabilmente, recessione o non recessione, crisi o non crisi. Con 40 anni di anzianità l'ultimo stipendio dell'usciere è di 10.477 euro lordi mensili (aumentato del 400% rispetto inizio carriera), che moltiplicati per 15 mesi fanno 157.500 euro all'anno, come un dirigente di una grossa azienda. La fascia successiva, quella della «Assistenza amministrative» (le segretarie che fanno le fotocopie e mandano le convocazioni delle commissioni), che partono appena assunti da 3.048 euro al mese e finiscono la carriera con 12.627 euro mensili al Senato e 11.949 alla Camera. Poi ci sono i funzionari, che partono da 3.700 come neoassunti e finiscono a 17mila euro, fino ai dirigenti, che progrediscono da 5.593 a 27.885 euro mensili. Quando la Corte costituzionale ha bocciato il taglio del 5% sugli stipendi pubblici oltre i 90mila euro, i dipendenti del Senato hanno fatto ricorso. E Palazzo Madama ha dovuto sborsare 2,2 milioni sull'unghia per risarcirli. Mentre le casse pubbliche andavano, e vanno, a picco.
Più o meno allineati gli stipendi a Montecitorio. La tabella scovata da Marzia Maglio di Ballarò suddivide i 1.540 dipendenti della Camera per fasce retributive. Anche qui si va - in media - dai 67mila euro annui del livello più basso ai 167mila euro dei consiglieri parlamentari, fino ai 406.399 euro del segretario generale di Montecitorio. Quando Antonio Malaschini ha lasciato il posto da Segretario generale del Senato, ha preso una liquidazione di 1.200.000 euro e una pensione da 520mila euro annui. Normale che poi il premier Monti, appena insediato, abbia pensato a lui come sottosegretario per i Rapporti col Parlamento. I suoi rapporti col Parlamento, che gli versa 1.500 euro al giorno, sono ottimi.
Ma in generale il sistema pensionistico della Casta dei dipendenti del Parlamento è un pianeta a sé. Gli esodati non esistono, anzi si va in pensione a 51 anni, e con una penalizzazione ridicola, dall'1% al 4,5% massimo sull'ultimo stipendio. Un altro documento riservato del Senato riporta le domande di pensionamento pervenute tra aprile/luglio 2012: una sfilza di cinquantenni.
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