A Lampedusa il "lager" delle coop rosse

Il centro per immigrati di Lampedusa è gestito dalla sinistra. E la Ue minaccia di togliere gli aiuti dopo averci abbandonato

A Lampedusa il "lager" delle coop rosse

Il centro della vergogna, della tortura e dell'umiliazione è targato Legacoop. «Lampedusa accoglienza», l'ente sociale che gestisce la struttura dell'isola dove i migranti vengono denudati e lavati con l'idrante, è affiliato alla holding delle coop rosse. Che ieri, visto il putiferio scatenato dal video del Tg2 girato in uno dei container-lager durante le procedure di disinfestazione anti-scabbia, ha intimato ai soci di «Lampedusa accoglienza» di «rimuovere e rinnovare il management attuale e avviare immediatamente una migliore organizzazione con altre professionalità».

A nulla è valsa l'autodifesa di Cono Galipò, amministratore delegato della coop, secondo il quale si trattava di «getti sanitari», di «una consuetudine praticata a difesa dei migranti», di «immagini fuorvianti» e «montatura mediatica»: «Non potete metterci alla gogna per qualche sequenza che non dice nulla di ciò che facciamo, noi seguiamo una indicazione delle autorità sanitarie». È il lato oscuro dell'accoglienza, il business nascosto dietro le braccia aperte e ipocrite di tanto «buonismo» interessato.

Le brutalità del centro di detenzione di Lampedusa documentate dal Tg2 sono diventate uno scandalo internazionale che imbarazza il governo e l'intera macchina dell'accoglienza. Ma i trattamenti riservati ai sopravvissuti dei barconi svelano anche tanta ipocrisia. Come quella dell'Unione europea, che lascia l'Italia sola e squattrinata ad affrontare un'emergenza tragica, quella degli sbarchi dei clandestini e delle stragi del mare, mentre ora minaccia di togliere anche quei pochi aiuti economici destinati al nostro Paese.

Capeggia questa sfilata di sepolcri imbiancati la commissaria europea Cecilia Malmstrom, che ha già ordinato un'indagine su Lampedusa dopo aver visto quelle immagini «spaventose e inaccettabili»: «Non esiteremo ad aprire una procedura di infrazione per assicurarci che gli standard europei siano rispettati. La nostra assistenza e sostegno alle autorità italiane nella gestione dei flussi migratori può continuare solo se il Paese garantisce condizioni umane e dignitose nel ricevimento di migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Contatteremo le autorità italiane per chiedere maggiori informazioni su questi eventi e chiederemo loro di fare piena luce su quanto accaduto».

Subito dietro la Malmstrom viene la ministra Cécile Kyenge, che in otto mesi da responsabile dell'integrazione e dei problemi migratori non ha mosso un dito per cambiare le cose a Lampedusa e adesso, davanti allo scandalo, non sa far altro che diffondere un comunicato un cui chiede un «monitoraggio per garantire standard dignitosi» e «nuove linee guida» per un sistema che «va assolutamente rivisto» perché «bisogna ripristinare l'immagine dell'Italia». Chissà dov'era in questi otto mesi. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha chiesto di prendere provvedimenti contro i responsabili di «comportamenti orripilanti e inaccettabili» perché «un Paese serio non si comporta così. Dobbiamo convincere l'Europa che l'immigrazione è un problema europeo di sicurezza e di stabilizzazione della nostra frontiera sud: ma gli esseri umani vanno trattati secondo le convenzioni e con dignità».

Le polemiche però non fermano gli sbarchi.

Ieri la Marina militare ha tratto in salvo 98 migranti provenienti da vari Paesi nordafricani a bordo di un gommone avvistato al largo di Lampedusa dall'elicottero di Nave San Marco. Oggi verranno sbarcati al porto di Pozzallo.

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