L'appello di Grasso: non abolite il Senato

Il presidente di Palazzo Madama avverte Renzi: "Con una sola Camera politica, il rischio è che possano saltare gli equilibri costituzionali"

L'appello di Grasso: non abolite il Senato

Non abolite il Senato. L'appello arriva dal presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso che, in una intervista a Repubblica, avverte il premier Renzi. "Con un ampio premio di maggioranza e una sola Camera politica, il rischio è che possano saltare gli equilibri costituzionali e ridursi gli spazi di democrazia diretta", spiega Grasso. Che poi aggiunge: "Io immagino un Senato composto da senatori eletti dai cittadini contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei consiglieri regionali eletti all'interno degli stessi consigli. Per rendere più stretto il coordinamento tra il Senato così composto e le autonomie locali, prevederei la possibilità di artecipazione, senza diritto di voto, dei presidenti delle Regioni e dei sindaci delle aree metropolitane".

Il presidente del Senato spiega: "La parola Senato deve essere mantenuta perché è una parola italiana usata in tutto il mondo". E sulle funzioni: "Non dà la fiducia, non si occupa di leggi attuative del programma di governo, né di leggi finanziarie e di bilancio. Oltre a tutte le questioni di interesse territoriale, dovrebbe occuparsi delle leggi costituzionali o di revisione costituzionale, di legge elettorale, ratifica dei trattati internazionali, di leggi che riguardano i diritti fondamentali della persona. Una Camera prettamente ed esclusivamente politica deve essere bilanciata da un Senato di garanzia, con funzioni ispettive, di inchiesta e di controllo, anche sull’attuazione delle leggi, chiaramente il Senato dovrà partecipare, in materia determinante, ai processi decisionali dell’Unione Europea, sia in fase preventiva che attuativa".

Per quanto riguarda i costi, "diminuendo di un terzo il numero dei parlamentari tra Camera e Senato, e riducendo le indennità, si otterrebbe un risparmio ben superiore a quello che risulterebbe, dalla sostituzione dei senatori".

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