«Se Silvio passa all'opposizione significa che ha già chiuso un accordo con Beppe Grillo». Certamente si è spinto un po' troppo in là, ma quando giorni fa Umberto Bossi ha teorizzato un gioco di sponda tra Berlusconi e il M5S nessuno poteva prevedere che di lì a poco una comunanza d'interessi si sarebbe davvero venuta a creare. Erano le ore in cui il Cavaliere formalizzava la sua uscita dalla maggioranza e durante una riunione a Montecitorio del gruppo parlamentare della Lega il Senatùr non ci aveva girato troppo intorno: «Se Berlusconi rompe vuol dire che ha la certezza che Grillo non farà da stampella a Enrico Letta, lo schema inizialmente immaginato da Bersani. Tra i due evidentemente deve esserci un canale di comunicazione».
Uno scenario suggestivo quello evocato da Bossi, ai limiti dell'inverosimile. Anche se, dopo la sentenza della Corte Costituzione, sul fronte della legge elettorale una certa saldatura tra Forza Italia e M5S si è venuta a creare. Un asse «tattico», perché lo spiega il Cavaliere incontrando alcuni dirigenti azzurri nella sede di Forza Italia a piazza San Lorenzo in Lucina nell'immediato «bisogna battere sul fatto che questo Parlamento non ha il diritto di andare avanti oltre perché privo di legittimità» ma in prospettiva dobbiamo decidere quale direzione effettivamente prendere. Ragionare, cioè, su quale sia il sistema elettorale migliore. «Per fare questo aggiunge Berlusconi durante una delle riunioni bisogna innanzi tutto approfondire gli esiti della sentenza studiando le motivazioni e poi aspettare che si posizionino tutti gli altri, a partire da Matteo Renzi». Perché quel che vorrà fare il futuro segretario del Pd sarà determinante per capire se davvero esistono margini per buttare giù una nuova legge elettorale a breve e tornare alle urne prima dell'estate (che è esattamente quello che non vuole il Pd che fa capo a Letta e il Ncd di Angelino Alfano, oltre - superfluo dirlo - al Quirinale). Non è un caso che al momento il Cavaliere non escluda di sfidare in qualche modo Renzi sul terreno della riforma elettorale nel caso in cui il sindaco di Firenze alla fine decida per il basso profilo per preservare la tenuta del governo.
Quel che è certo, dunque, è che nell'immediato tra Forza Italia e M5S potrebbe crearsi una sorta di convergenza movimentista. Non un caso che ieri, nella commissione Attività produttive della Camera, l'azzurro Ignazio Abrignani abbia sfiorato il colpaccio arrivando a un solo voto dal mandare sotto il governo sulla legge di Stabilità. E che una forte consonanza ci sia lo si coglie non solo dalla linea scelta dal presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta che definisce il Parlamento «illegittimo» e dubita della legittimità pure di Giorgio Napolitano (eletto proprio da quelle Camere), ma anche da quanto siano tesi i nervi in casa del Ncd. Dopo la presentazione del nuovo simbolo, infatti, un preoccupato Fabrizio Cicchitto si apparta con i ministri Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello per puntare il dito contro «il modello eversivo che stanno seguendo M5S e Forza Italia» a cui sulla riforma della legge elettorale starebbe fornendo sponda il capogruppo del Pd Roberto Speranza.
Sul fronte del movimento, intanto, Berlusconi si dedica alla convention che domenica lancerà i Club Forza Silvio all'Auditorium della Conciliazione a Roma. Un appuntamento di cui ieri il Cavaliere si occupa in una riunione operativa con Marcello Fiori (ex braccio destro di Guido Bertolaso alla Protezione civile, oggi responsabile dei Club) e pochi parlamentari (tra cui Daniele Capezzone, Gregorio Fontana, Antonio Palmieri e Manuela Repetti).
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