Il curriculum, naturalmente, non conta. Quel che vale, nel nostro Paese e specialmente nei circoli radical chic, sono le suggestioni. Basta farsi un giro sui siti per vedere che Nitto Francesco Palma ha due caratteristiche fondamentali. È stimato da Cesare Previti e ha avuto la sventura, da coordinatore del Pdl campano, di spendere parole a favore di Nicola Cosentino, l'impresentabile sotto processo per camorra. Uno, anzi due peccati originali che oscurano tutto il resto. Come un'eclissi totale. La carriera, i risultati, le grandi inchieste condotte negli anni '90 e fino al 2001, quando è sbarcato in Parlamento. Così, solo per citare qualche nome, Nitto Palma, nel periodo in cui era pm, prima a Roma e poi alla Direzione nazionale antimafia, ha seguito vicende spinosissime: ha scoperchiato Gladio e ha scambiato le carte con tale Giovanni Falcone, della cui amicizia si onorava anche se non l'ha mai sbandierata, perché Falcone aveva aperto un fronte palermitano. Insomma, Nitto Palma è uno di quei magistrati che più a fondo hanno sviscerato i misteri dell'eversione, in questo caso quella nera cresciuta nell'equivoco della difesa della patria contro il pericolo comunista. Ma questo è solo un capitolo: c'è poi la guerra alle grandi famiglie della 'ndrangheta che passa attraverso un processo lunghissimo e difficile, il Valanidi. Per tre anni Nitto Palma trascorre tre giorni alla settimana a Reggio Calabria, poi torna negli uffici della Capitale, al quartier generale dove c'è Piero Luigi Vigna, il capo con cui ha deciso il grande passo. Nel 2001 si arriva alla condanna di una novantina di imputati su un totale di 105 e per una quarantina di boss la pena è quella dell'ergastolo.
Tutto questo oggi è polvere, tutto annegato dall'abbraccio mortale con quei due nomi: Nicola Cosentino e Cesare Previti. Gli impresentabili. Non conta la sua carriera di parlamentare, deputato e senatore, che oggi sicuramente gli gioverà per il nuovo incarico di presidente della Commissione giustizia. Non conta il suo impegno come vicecapo di gabinetto al ministero della Giustizia. Non conta che abbia fatto il Guardasigilli, sia pure per una breve stagione, nel 2011. E neppure che si sia dimesso, con un certo stile, da magistrato, scelta per lui dolorosa, per evitare possibili interferenze fra i diversi ruoli. Altro che il pendolarismo che oggi va tanto di moda, alla faccia della separazione fra i diversi poteri dello Stato. Nitto Palma ha tagliato i ponti con il suo passato di magistrato. Non conta. E non vale niente nemmeno il fatto che non sia mai stato sfiorato da un'indagine, una qualunque, nell'Italia in cui un avviso di garanzia non si nega a nessuno.
Oggi, tutto il lavoro svolto pesa poco o nulla, almeno per i suoi detrattori, e non fa testo nemmeno la sua esperienza maturata su più tavoli. Tabula rasa. Se si naviga su Internet si scoprirà che la sua nomina, e quella di Giorgio Santacroce alla presidenza della Cassazione, vengono liquidate come mosse su una scacchiera berlusconiana, in cui fa testo solo e soltanto l'amicizia o, per Santacroce, una lontana cena con Cesare Previti, oggetto di un interrogatorio da parte di Ilda Boccassini. Peccato. Perché Nitto Palma ha combattuto il terrorismo, di destra e di sinistra, i mercanti della droga, e la 'ndrangheta. Però ha letto le carte delle inchieste su Cosentino e ha spiegato che per lui Cosentino non era un impresentabile. Ma un possibile candidato. Ha sbagliato? Certo, non si è schierato con il partito dei giudici e ora, dalle parti del Pd, un Pd oltretutto diviso in correnti e sottocorrenti in guerra l'una con l'altra, è partita la scomunica.
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