Lezione americana: gli elettori contano

Nel primo dibattito Romney straccia Obama. E vincono gli elettori, perché negli Usa contano

Lezione americana: gli elettori contano

Ha vinto Mitt Romney, sì. E poi? Dietro al duello tv per le presidenziali Usa c'è un altro vincitore: è l'elettore americano. Perché quando va a votare, lui conta. Perché quando i candidati parlano si rivolgono a lui. La lezione americana è doppia, adesso: la prima è che Barack Obama può essere battuto anche da un repubblicano non particolarmente brillante; la seconda è che la politica è uno contro l'altro, due idee, due programmi, due prospettive e la gente che sceglie. Noi ci arrovelliamo ancora tra sotterfugi, alleanze, rifacimenti di leggi elettorali, governi tecnici. Noi siamo ancora qui a pensare che possa guidare il Paese chi non si presenta su una scheda elettorale. Loro, semplicemente, scelgono. Uno o l'altro. Punto. È la politica, è la forza di un Paese che dalla crisi vuole uscire davvero. Con Obama o conRomney, lo deciderà il 6 novembre. Niente sconti, niente mezze misure, niente saltafossi post voto.

E ieri, almeno davanti alla tv, l'America ha spinto il pulsante. Si scansi, signor presidente. Mitt Romney prende spazio. Obama si può battere anche sul suo terreno. Romney è in corsa. Parte svantaggiato, ma può farcela. Uno a zero per lui e alla prossima. Obama esce dal duello come uno che le ha prese per tutto il tempo. Frastornato, muto, sorpreso. Ma come? Il grande comunicatore, il grande oratore, il presidente che ti convince a comprare una pentola. Proprio lui va al tappeto contro quello che tutti davano per perdente certo in un confronto televisivo: perché Romney, dicevano, è ingessato, rigido, distante, poco empatico. Tutto vero sui palchi dei comizi, tutto opposto di fronte all'avversario e di fronte alle domande dei moderatori. Romney ha stracciato Obama, lo dice il 67 per cento degli americani. È ancora indietro nei sondaggi giusti, ma ora può provare una rimonta che fino a ieri sembrava da marziano.

Il dibattito ci regala quattro settimane di incertezze e di battaglia aperta. Il Barack uomo immagine non basta, non è sufficiente, non funziona. Il rivale lo sbrana: più sicuro, più interessante. Persino più figo. Perché Obama gioca in difesa e Romney in attacco: aggressivo senza sbracare, rispettoso del ruolo istituzionale dell'avversario, ma deciso. «Ehi, amico, con te stiamo peggio». Non è detto che vinca il repubblicano, ovvio. Però la passerella del presidente verso la rielezione è un miraggio per lui e per il suo staff. L'America è delusa, tradita, impantanata. Obama è debole e ieri l'hanno massacrato persino i media liberal: «È stato un affare tra Romney e Romney. E uno di loro ha prevalso. Con Obama nel ruolo di spettatore», ha scritto ieri la rivista progressista The Nation. Basta? La sinistrissima Msbc l'ha spianato: «Dov'era Obama?».

Il problema per il presidente però non è lui. È quest'avversario che ora è perfettamente in linea con uno stile presidenziale: asciutto, convincente, moderato. Mai una caduta di stile, mai un eccesso. Dice cose giuste e le sa dire: le tasse troppo alte, la disoccupazione che non diminuisce. Si gioca tutto solo su questo. Per questo dei tre dibattiti organizzati quello di ieri era il più importante: negli altri si parlerà di politica interna e di politica estera, argomenti sostanzialmente irrilevanti in campagna. Romney ha vinto il duello giusto. Decisivo? Forse no. Però indicativo. I repubblicani sperano: era dai tempi di Reagan che un candidato conservatore non vinceva così nettamente un dibattito. Non è roba loro, solitamente. Lo è questa volta, con Romney che è in grado di rovinarsi con un fuori onda, ma che quando si trova di fronte all'avversario lo sa affrontare, lo sa combattere, lo sa mettere in crisi. L'ha fatto ieri, facendo sembrare Obama un pivello della comunicazione politica. Non basterà ancora per prendersi la Casa Bianca, ma è una crepa nelle certezze del presidente, convinto che su quel fronte, non avrebbe avuto guai.

Pensava (a ragione) che la botta vera sarebbe arrivata tra pochi giorni, quando gli elettori prenderanno coscienza che da gennaio 160 milioni di americani pagheranno più tasse dell'anno prima. Romney batterà lì, sempre. Fino alla fine, fino al 6 novembre, fino alle elezioni: una scheda, una scelta. Vincerà qualcuno. E vincerà il diritto di scegliersi da chi farsi governare.

 

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