L'italiano? Vale 70mila euro meno degli altri europei

Bene, a questo punto dovremmo anche averla capita: siamo ultimi. Qualunque classifica si prenda in mano, tra i Paesi evoluti stiamo immancabilmente là, in coda. Siamo il Sassuolo dell'Ocse. Non bastassero i giudizi e i pregiudizi degli stranieri, possiamo sempre contare sull'Istat: nessuno più del nostro Istituto di statistica sostiene con i numeri la miserrima reputazione.
La nuova rivelazione: tra una cosa e l'altra, siamo pessimi anche in «capitale umano». Benché gli ultimi dati validi per il confronto internazionale risalgano al 2006, abbiamo comunque stime nuove, diffuse per la prima volta. Neanche il caso di dirlo: tra gli Stati che hanno aderito al progetto «Human capital» dell'Ocse, siamo (...)

(...) desolatamente i peggiori.
C'è da chiedersi evidentemente cosa diavolo sia il capitale umano. Molto lavoro e molte questioni hanno affrontato gli analisti per arrivare a definirlo, nonché a misurarlo. Davvero complesso sintetizzare in poche parole chiare. Lo dico apertamente: al di sopra delle mie possibilità. È comunque una classifica importante: sostanzialmente rappresenta la capacità dei singoli uomini di generare reddito e benessere, nell'arco di una vita. Una capacità legata alla scuola, alla formazione, alla ricerca, oltre che alle esperienze personali. E già ci siamo capiti: cose che decisamente non sono il nostro forte.
Il calcolo porta a dire che mediamente ogni italiano è in grado di produrre 342mila euro. Meno di tutti gli altri. Dice l'Istat: «L'Italia presenta una più bassa incidenza di capitale umano sul Pil: è 8,8 volte il Pil, contro le oltre 11 volte della Spagna, che guida la classifica». Fatti i conti in euro, essere italiani ci costa 70mila euro in più rispetto a quelli che sono spagnoli. E d'accordo che i dati sono del 2006 attualizzati 2008, cioè pre-crisi, quando per esempio la Spagna si godeva il suo miracolo, prima di precipitare nel buco nero delle bolle speculative: d'accordo cioè sulla necessità di pesare bene le situazioni, ma resta oggettivo e indubbio che noi comunque siamo sempre indietro.
Il primo motivo di questa scarsa consistenza nel capitale umano è abbastanza imbarazzante da spiegare: sarebbe soprattutto colpa delle donne. Il grosso del nostro capitale è difatti maschio, con 453mila euro pro-capite, mentre le femmine si fermano a 231mila euro, praticamente la metà. Se vogliamo definire pedestremente questo capitale umano come la capacità di produrre ricchezza nell'arco di una vita, l'uomo italiano rende molto di più. Ma è poi così vero? L'Istat arriva con i suoi bravi salvagente: «Il differenziale è legato alle differenze di remunerazione esistenti tra uomini e donne, nonché al minor numero di donne che lavorano, nonché al minor numero di anni lavorati dalle donne nell'arco della loro vita».
Già sembra di sentirle: le donne lavorano menoooo??? Ci si capisce: generalmente le donne italiane lavorano meno nelle fabbriche e negli uffici. Per nostra fortuna, continuano a mantenere religiosa dedizione alla casa e alla famiglia, e anche quando lavorano a libro paga continuano valorosamente a tenere il piede in due scarpe. Difatti, lo stesso Istat precisa: «Poiché le donne prevalgono di gran lunga nel lavoro domestico, le differenze di valori nel capitale umano si riducono se si considerano le attività non market, che comprendono il lavoro domestico: in questo caso la donna arriva a 431mila euro». Così, tanto per mettere le cose in chiaro e ripristinare subito la pace nella coppia. Almeno nella mia.
Addentrandoci nelle pieghe dello studio, sono molte le specificazioni, soprattutto in base all'età (molto più alto il potenziale dei giovani, ovviamente). Qualcosa andrebbe poi aggiunto su questa schizofrenia tutta italiana, che ci vede comunque ancora molto ricercati all'estero, mentre veniamo brutalmente mortificati a casa nostra dal satanico sistema-Paese.
Ma è soprattutto uno il confronto che dovrebbe indurci a qualche riflessione seria, peraltro non nuova: rileva il rapporto Istat che la produzione di ricchezza e benessere di un essere umano è legata inscindibilmente all'istruzione. In Italia, il capitale umano del laureato tocca i 636mila euro.

Chi si ferma alla licenza elementare o media mette assieme 216mila euro.
La grande sorpresa: gli investimenti nella scuola non sono soldi buttati. Dovrebbero stare al punto uno di qualsiasi programma, in un Paese civile. Difatti.

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