C'era una volta il gay pride, l'orgoglio gay. Adesso c'è il gay party, il partito gay. C'era una volta la rivendicazione dei diritti. Adesso c'è la rivendicazione del governo. C'era una volta l'aspirazione all'uguaglianza. Adesso c'è l'aspirazione al potere. Non si capisce quello che sta succedendo in Italia se non si esce un po' dagli schemi abituali (destra/sinistra, Pd/Pdl) e si provano a mettere in fila i fatti sotto una luce diversa. E diversa, nella circostanza, sia detto senza alcuna allusione.
Nichi Vendola in una intervista a Pubblico, il nuovo giornale di Luca Telese, lancia la bomba della propria voglia di paternità, spaccando volutamente il Pd. Il medesimo Nichi Vendola, in precedenza, aveva annunciato il matrimonio con il suo fidanzato storico, il giovin canadese Eddy, creando altrettanto scompiglio. Giuliano Pisapia a Milano accelera sulle unioni civili, riempiendo i giornali di Riccardo&Roberto o Paolo&Giuseppe che celebrano para-matrimoni davanti alle istituzioni. Altri sindaci (dal genovese Doria al napoletano De Magistris) sono pronti ad accodarsi. In Sicilia Rosario Crocetta si candida con corredo di ostentazione omosessuale, come se l'essere gay bastasse per salvare la Regione dal crac economico. Rosy Bindi alla festa democratica di Bologna viene assalita a suon di riso e brillantini. Vogliamo andare avanti?
Sono tanti piccoli segnali di un percorso scritto: il partito dei gay, evidentemente, ha gettato la maschera. Basta con i travestimenti e le piume di struzzo, basta con il folclore dei gay pride, basta con la muccassassina e l'allegria del carnevale bisex, basta con gli scherzi e i lazzi: ora si fa sul serio. Ora si punta al potere. La lobby esce allo scoperto. Non si accontenta più di fare una campagna per i diritti: fa una campagna per il governo. Legittima, per l'amor del cielo. Ma devastante per i medesimi partiti, a cominciare proprio dal Pd.
Non si riesce a cogliere, infatti, la difficoltà con cui i vertici democratici maneggiano la candidatura Vendola e il fastidio provocato dal suo crescendo di dichiarazioni esplosive, non si riesce a interpretare questo continuo alzare il tiro del governatore pugliese in sintonia con i sindaci della nouvelle vague di sinistra, se non si prende atto del salto di qualità che sta facendo il movimento gay: da rassemblement sostanzialmente libertario e un po' gruppettaro a struttura che punta alla scalata dei vertici delle istituzioni. Dalle paillettes alla livrea, dai carri allegorici alla stanza dei bottoni.
Il percorso era stato preparato con cura. Come ogni ascesa al potere che si rispetti, infatti, era cominciata sul versante culturale. Così, nel corso degli anni, abbiamo assistito a un'escalation di film gay, personaggi gay, fiction gay, amori gay, canzoni gay... Da Nonno Libero ai reality, ormai, non c'è più una storia che non preveda un ruolo importante per un omosessuale, a parte forse la Bella Addormentata e Cappuccetto Rosso. E comunque sul cacciatore nessuno è disposto a mettere la mano sul fuoco. Si è arrivati al paradosso che la presunta diversità è la normalità: una famiglia tradizionale, mamma papà e due figlioli secondo natura, non la si vede nemmeno nella pubblicità della Barilla.
Invasi tutti gli spazi comunicativi, dunque, non restava da compiere che l'ultimo passo, e cioè trasformare la supremazia culturale in supremazia politica. Ecco fatto: la lobby si sta muovendo e spara in alto. Il punto, come è evidente, non sono le primarie del Pd o le fughe in avanti di Giuliano da Milano: il punto è la discesa in campo del partito omosessuale che non s'accontenta più della sbandierata parità ma ora vuole la vittoria. Che, dopo una storia passata in minoranza, si candida a guidare la maggioranza. Chi l'avrebbe detto: la colorata sfilata del gay pride punta a finire fra le grisaglie del palazzo. E non per creare scompiglio, ma per dettar legge.
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di Mario Giordano
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