MilanoI lettori del Giornale non sono tipi da piazza. Non preparano striscioni con le scritte spray né si lanciano in plateali cori da stadio. Ma si sanno indignare, eccome.
Ieri pomeriggio si sono presentati sotto la sede del nostro quotidiano per un gesto di solidarietà al direttore Alessandro Sallusti. Nulla di pacchiano, nessun megafono ma una protesta sobria e pacata che ha semplicemente voluto avvolgere il direttore in un lungo applauso. Questo è stato il sit-in per Sallusti. Distinti signori in trench con la ventiquattrore in mano, pensionati, operai, «sciure» in tacchi e tailleur, politici e un gruppo di giovani studenti: «Siamo qui per dire no a un'ingiustizia». Senza urlare e forse senza un grande appeal mediatico: in Galleria Meravigli, di fronte all'ingresso della redazione, è comparso solo un cartello, minimal, scritto a pennarello per chiedere «libertà di stampa» e per dire «vergogna» al consiglio superiore della magistratura».
Non c'è stato nessun regista occulto dietro alla mini manifestazione, a cui hanno partecipato una cinquantina di persone, ma è nato tutto spontaneamente. Il tam tam è partito su internet ed è proseguito con un garbato passaparola. «Ho letto del raduno su un trafiletto sul Giornale - spiega Maria Gemma, lettrice abituale - ed ho pensato che non potevo mancare. Non è stata fatta una gran pubblicità del sit-in se no chissà quanti saremmo stati. Volevo portare al direttore il mio gesto di solidarietà».
«Se tutto questo fosse accaduto a De Bortoli o a un altro direttore - si indigna Giuseppe, ex impiegato di banca - chissà cosa avrebbe fatto il presidente Napolitano». «Il nostro Parlamento - interviene Francesco, ingegnere - ha dato prova di non essere in grado di operare. È assurdo quello che sta accadendo, noi siamo per la libertà di stampa». «Siamo o non siamo in un paese democratico? - si chiede Nicola, fresco di laurea in giurisprudenza - Eppure sembra di stare in una dittatura. La storia della rettifica non pubblicata è solo un pretesto per tappare la bocca ai giornalisti che dicono la verità. Non c'è proporzione tra quanto accaduto e la sentenza».
Al sit-in partecipano anche tanti politici (Riccardo De Corato, Giovanni Terzi, Tiziana Maiolo, Giulio Gallera, Marco Osnato, Carlo Fidanza, Giovanni De Nicola, Maurizio Cadeo, Magdi Cristiano Allam). Chi non c'è fisicamente, manda messaggi di solidarietà in redazione. Il coordinatore Pdl Ignazio La Russa e le giovani leve del partito si trovano sotto il portone della redazione senza essersi dati nemmeno appuntamento. A riassumere l'umore di tutti è una frase di Daniela Santanchè: «È uno schifo, mi vergogno di essere italiana».
Sallusti, in attesa dell'arrivo degli agenti della Digos, scende a salutare i suoi lettori. Stringe la mano a tutti, ringrazia, è commosso dalla manifestazione di affetto. «Aspettiamo gli eventi - dice alla gente che gli chiede come sta - Sto aspettando che mi vengano a prendere». Poi sale al terzo piano del Giornale: è l'ora della riunione di redazione. «Intanto faccio il giornale».
Poco dopo arriva Vittorio Feltri. «Mi chiedo - commenta con i giornalisti che lo circondano e con i lettori - come mai gli altri direttori che hanno subito più condanne di Sallusti non abbiano fatto nemmeno un giorno di galera. Mi rallegro per loro ma non mi rallegro per Sallusti». Poi spunta anche qualche curioso: «L'hanno già portato via?» chiede col sorrisino un po' sadico. I lettori fanno quadrato. Si sono appena conosciuti ma sono già amici e rispondono in un unico coro: «Qui non c'è nessun delinquente».
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