Il giudice che ha assolto Nichi Vendola per la storiaccia del concorso da primario all'ospedale di Bari finisce sotto inchiesta. Al gip Susanna De Felice è dedicato un fascicolo ad hoc aperto a Lecce, non si sa se d'ufficio o dopo la denuncia dei pm titolari dell'inchiesta su Nichi che avevano (invano) chiesto il rinvio a giudizio per il leader di Sel, e in subordine s'erano affrettati a denunciare che lo stesso gip si sarebbe dovuto astenere perché amico della sorella dell'indagato eccellente e sempre a loro dire in rapporti pure con l'ex pm e senatore Pd Carofiglio, marito della pm barese Pirrelli. L'indagine sulla gip è emersa per caso, con un appunto del procuratore Cataldo Motta scritto in calce all'avviso di chiusura indagini inviato ai due protagonisti della guerra alla procura di Bari: l'attuale capo Laudati e l'ex aggiunto Scelsi. E si rifà a una lettera, depositata a Lecce dalla pm Digeronimo, nella quale spiega che per ovvii motivi insieme al collega Bretone si asterrà dalle indagini su tre filoni di sanità (in uno dei quali è indagato ancora il governatore). Proprio questa lettera, scrive a mano il procuratore Motta, va allegata al fascicolo intestato «contro De Felice Susanna», il gip di Vendola, amica della sorella di Nichi.
Proprio in quest'inchiesta avviata dai pm di Lecce è stata interrogata come persona informata sui fatti anche Patrizia Vendola. Oggetto le accuse, nemmeno tanto velate, dei pm Digeronimo e Bretone che al procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, nero su bianco l'avevano messa così: «Già prima del processo eravamo a conoscenza che la dottoressa De Felice fosse amica della sorella di Vendola. Le lega un'amicizia diretta e amici comuni come il senatore Gianrico Carofiglio e la moglie dottoressa Pirrelli, sostituto di questo ufficio, entrambi amici stretti di Patrizia Vendola» come peraltro confermato da Carofiglio in un'intervista a Repubblica il 3 aprile 2009. Nel carteggio a Laudati i pm baresi spiegano di non aver ricusato formalmente il gip per il troppo rispetto che nutrivano nei suoi confronti. Senonché, dopo le uscite di Vendola che annunciava urbi et orbi che si sarebbe dimesso in caso di condanna («Questo comportamento ha costituito a nostro giudizio un'indebita pressione su un giudice che in caso di condanna avrebbe determinato l'uscita dalla scena politica del fratello della sua amica») molti colleghi di Bretone e Digeronimo, alla luce dell'assoluzione, «ci hanno chiesto come fosse stato possibile che a giudicare il governatore fosse stata un'amica della sorella di Vendola».
Il gip, in una contro-nota all'aggiunto Divella, a fronte di voce che le arrivavano all'orecchio a proposito di un'amicizia con Patrizia Vendola specificava di non essere amica della sorella di Nichi ma di averla conosciuta proprio a casa della sua accusatrice, la Digeronimo.
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