Ministro, e adesso coerenza

Ora ripristini quei diritti che lei giustamente invoca per sé anche per chi, commettendo i suoi stessi "non reati" (vedi il Cav), è stato condannato a 7 anni di carcere

Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri riferisce in Aula
Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri riferisce in Aula

La ministra Cancellieri ha parlato, spiegato quelle telefonate per vedere se era possibile sospendere la tortura di Stato che era in corso contro Giulia Ligresti, una donna malata, non socialmente pericolosa, agli arresti preventivi per il crac delle aziende di famiglia. Sia al Senato che alla Camera la signora ha ottenuto un applauso quasi affettuoso da parte della maggioranza Pd-Pdl e i fischi di grillini e leghisti. Opportunità politica, si dirà. E in parte è vero. Sfilare in questo momento un ministro importante come quello della Giustizia sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso della tenuta di un governo già fragile e debole. Ma per una volta «l'opportunità politica» coincide con valori nobili (la libertà e la sacralità delle persone) e con il buonsenso. Per una volta moralismi e opportunismi sono stati messi da parte. Per coerenza e lealtà ora però la ministra si deve fare carico di quegli applausi e non entrare lei nel gorgo dell'ipocrisia e del tatticismo politico. La sua telefonata a funzionari dell'amministrazione giudiziaria è esattamente uguale a quella fatta da Berlusconi ai funzionari della questura di Milano per il cosiddetto caso Ruby. Perché, cara ministra, il soggetto della telefonata (una signora della Milano bene nel suo caso, una squinternata marocchina in quello di Berlusconi) non conta sul piano giuridico. Se due signori lasciano la macchina in divieto di sosta non importa che una sia una Ferrari e l'altra una Fiat 500 taroccata, per il codice stradale pari sono. Se uno uccide per amore e un altro per convenienza, sempre omicidio è. Lei lo sa: da accertare c'è solo la presunta forzatura da parte di un membro di governo della libera volontà di altri poteri dello Stato. Il che non è accaduto nel suo caso come in quello di Berlusconi, come testimoniano il procuratore Caselli e il dirigente della questura milanese. Tutto è avvenuto a norma di legge e di buon senso.
E allora, signor ministro della Giustizia, le chiediamo di ripristinare quei diritti e quelle libertà che lei giustamente invoca per sé anche per chi, commettendo i suoi stessi «non reati», vedi Silvio Berlusconi, è stato condannato a 7 anni di carcere.

E sempre per coerenza, le chiediamo di fare tesoro dei consigli che ieri in aula le hanno dato Brunetta e Schifani: mettere mano subito, con un decreto legge, allo scempio della carcerazione preventiva usata come arma di ricatto e tortura. Perché altrimenti rimarrà quella zona grigia in cui lei ha rischiato di perdere l'onore. E sarà costretta a fare altre telefonate sul filo dell'ambiguità.

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