Siamo talmente tonti (o finti tonti?) da scoprire soltanto oggi che le istituzioni indiane sono rappresentate da autentici cialtroni, capaci di rinviare millanta volte le decisioni riguardanti i marò, trascinando all'infinito la vicenda surreale? Non ci possiamo credere. Chiunque abbia superato senza infamia la quinta elementare sa che l'India è stata dominata dall'Inghilterra, dalla quale però non ha imparato molto sotto il profilo del diritto e delle garanzie civili nonché del rispetto per gli esseri umani. Pertanto, stupirsi se le autorità di laggiù si comportano in modo scorretto è, più che da ingenui, da cretini.
Da cretini infatti abbiamo inanellato una serie di topiche, riuscendo a fare una figuraccia dietro l'altra senza mai arrivare a capo di nulla. Ora siamo alla ricerca di un capro espiatorio e qualcuno è convinto di aver trovato la persona cui addossare ogni responsabilità: Emma Bonino, ministro degli Esteri, sulla quale si va dicendo peste e corna, considerandola inadeguata al ruolo che ricopre. Povera donna. Non sarà simpatica. Non sarà un genio della diplomazia. Ma quando è arrivata alla Farnesina il pasticcio era già stato combinato e non si capisce cosa mai ella avrebbe potuto escogitare per riportare a casa gli sfigatissimi militari, colpevoli di avere la cittadinanza italiana e, quindi, meritevoli di essere abbandonati dalla loro patria da barzelletta.
Diciamolo senza tanti giri di parole: la Bonino in questa storia non c'entra nulla. Ciò non significa che stiamo caldeggiando la sua conferma agli Esteri: affermiamo una verità storica.
Ed entriamo nel merito della «causa», che sarebbe una farsa se non rischiasse di concludersi drammaticamente. I marò vengono comandati di salire su una nave con l'ordine di difenderla dai pirati. Obbediscono. Non eravamo sul posto quando avvenne la sparatoria e ignoriamo come si siano svolti i fatti. Ma siamo certi che i fatti si svolsero in acque internazionali. Non si comprende, dunque, per quale motivo il capitano dell'imbarcazione abbia attraccato in un porto indiano, anziché filarsela infischiandosene delle disposizioni dei capoccia col turbante. Mistero mai svelato.
Secondo mistero. I soldati della ex San Marco, per ben due volte, ottengono di rimpatriare (licenza premio) in occasione di feste natalizie et similia. Gentili concessioni che avevano l'aria di essere un invito: ora che sono in Italia, teneteveli e chiudiamo questa menata. Noi, tonti (o finti tonti), invece di afferrare l'antifona, ci atteggiamo a gentiluomini e glieli rispediamo laggiù persuasi di fare cosa buona e giusta.
Nella prima circostanza, vabbè, passi la nostra minchioneria. Ma nella seconda è successo l'inverosimile. L'allora ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata, disse ufficialmente che i marò dovevano rimanere qui. Non solo. Argomentò da persona intelligente le ragioni in base alle quali era da pazzi rimandarli in quel Paese balordo. Carta canta? No. Piange. Nella fase iniziale, il governo, preso atto delle riflessioni legali dell'eccellente ministro, si convinse che in effetti i militari non fossero costretti obtorto collo a correre tra le braccia dei loro carcerieri. Pratica archiviata? Col cavolo. Mario Monti, premier dell'epoca, si rimangiò immediatamente la parola e costrinse i disgraziati - col plauso, supponiamo, di Giorgio Napolitano - a ripartire e a farsi fregare dagli aguzzini indiani. Assurdo. Insensato. Illogico.
Perché la Procura di Roma non emise un provvedimento finalizzato a processare i soldati? E questo è il terzo mistero. L'esecutivo tecnico si è così macchiato di orrendi peccati, imperdonabili, di cui non pagherà le conseguenze, neppure sul piano politico, considerato che è defunto da un bel pezzo. Sulle sue manchevolezze, sulla sua dabbenaggine è sceso il silenzio. C'è molto di incomprensibile in questa sporca faccenda. Perché non si indaga? Quali interessi immondi e inconfessabili hanno indotto il governo a sacrificare due servitori dello Stato innocenti? Nessuno se ne occupa. Solo chiacchiere, petizioni platoniche, interventi retorici e manco un'azione concreta, a parte la gita di alcuni parlamentari in India, probabilmente organizzata a scopi propagandistici, cioè ignobili.
Nessuno si illuda che le nostre autorità siano all'altezza di recuperare terreno e di risolvere il problema. È sufficiente pensare che l'unico attrezzato a salvare i militari, Terzi di Sant'Agata, è stato mandato via dall'esecutivo con ignominia proprio perché minacciava di aver indovinato la strada idonea per giungere al traguardo. Il trattamento subito dall'ex ministro è istruttivo: guai a chi osa proteggere e assicurare giustizia ai marò.
Recentemente, qualcuno ha dato il via alla caccia agli idioti che hanno provocato il disastro. Suvvia, non c'è bisogno di battute venatorie: basta guardarsi attorno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.