La lobby dell'inchiesta facile

Subito dopo il voto Berlusconi indagato da Woodcock. Lui: "Yccidono le larghe intese sulla mia pelle"

La lobby dell'inchiesta facile

Sarebbe facile dire: i giudici ce l'hanno con Berlusconi e ogni volta che lo vedono sull'orlo di cavarsela non resistono alla tentazione di mandargli un nuovo avviso di garanzia. Per qualcuno di loro sarà anche così. Ma la costanza e la puntualità con cui si aprono i nuovi fronti giudiziari per il Cavaliere sembra funzionale anche a un'esigenza più generale dell'apparato giudiziario, per come lo abbiamo conosciuto in questi vent'anni. Ed è una esigenza sostanzialmente di autotutela. Il Berlusconi imputato permanente è funzionale a un modo di fare magistratura del tutto originale, rispetto ad altri Paesi ma anche rispetto alla storia della giustizia italiana fino al 1992. Di fatto, l'emergenza permanente della caccia al Caimano rende inattaccabile la magistratura ed impraticabile qualunque tentativo di limitarne i poteri. Fin quando esiste l'emergenza Berlusconi, qualunque ipotesi di intervento, anche la più blanda, viene considerata un favore al Grande Imputato, ed è quindi destinata a morire prima di nascere.
I magistrati italiani sanno bene che i rischi veri, per la loro autonomia, arriverebbero il giorno che l'emergenza Berlusconi dovesse finire in archivio. Lo si vide bene ai tempi dei primi governi di centrosinistra, che cercarono di mettere argine al potere delle toghe e ne uscirono con le ossa rotte: memorabile la battuta di un pm milanese su Cesare Salvi, responsabile giustizia del Pds, colpevole di timide ipotesi di riforma («è il Previti della sinistra, gli somiglia anche fisicamente»). Ma questa riottosità irriducibile a qualunque argine può avere spazio solo in un Paese dove la scena giudiziaria è dominata da uno scontro irriducibile e senza quartiere. Il partito dei pm, per dirla in soldoni, ha bisogno di Berlusconi.


In un Paese normale, si potrebbe parlare serenamente (ci ha provato recentemente il presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, ed è stato quasi sbeffeggiato pubblicamente) di obbligatorietà dell'azione penale, di carriere distinte, di meritocrazia negli avanzamenti. Ma ai pm e ai giudici questo fa paura. Anche per questo serve che l'emergenza continui. Per questo anche i magistrati culturalmente lontani dagli ultras dell'avviso di garanzia tacciono o si adeguano.

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