RomaSalvate il soldato Silvio. No, non è immune, spiega Giorgio Napolitano, «non ho offerto scudi» al Cav, perché «nessuno, se coinvolto in procedimento penali, può sentirsi esonerato in virtù dell'investitura popolare ricevuta». Non è il Berlusconi imputato che voglio salvaguardare, insiste, ma il Berlusconi leader «della coalizione a cui è andato il favore del 29 per cento degli elettori». E in questo momento difficilissimo per il Paese, un italiano su tre non può essere tenuto fuori dalle trattative per il nuovo governo.
Dunque, nessuna marcia indietro. Sbeffeggiato da Grillo, attaccato dai togati del Csm, ignorato da Bersani che continua a giocare la carta giustizialista per agganciare una maggioranza con M5S, il capo dello Stato appare deciso a mantenere la rotta sperando che prima o poi la burrasca passi e si apra una finestra di dialogo. In attesa della bonaccia, aveva deciso di restare il silenzio: in fondo, quello che pensava sui rapporti politica-giustizia, lo aveva messo nero su bianco in due comunicati.
Ma poi ha visto il titolo di Repubblica, «I veri sediziosi», ha letto il commento del vicedirettore Massimo Giannini e ha deciso che non poteva rimanere zitto di fronte a «una versione arbitraria e falsa dell'incontro» con la delegazione del Pdl martedì mattina, non voleva avallare quella «scorretta smentita» del comunicato presidenziale «sulla base di non si sa quale ascolto o resoconto surrettizio».
Primo falso: «Non mi sono stati chiesti provvedimenti punitivi contro la magistratura. Nessuna richiesta di impropri interventi nei confronti del potere giudiziario mi è stata rivolta». Secondo falso: «La delegazione del Pdl non mi ha prospettato alcun Aventino della destra». E il terzo riguarda l'accondiscendenza di Napolitano nei confronti del centrodestra. L'udienza, racconta il capo dello Stato, era stata chiesta la domenica sera e Alfano aveva annunciato l'annullamento della manifestazione al Palazzo di giustizia di Milano. Poi, siccome la marcia c'è stata lo stesso, Napolitano ha avuto «una vibrata reazione» e, quando Alfano, Gasparri e Cicchitto sono saliti sul Colle, ha messo agli atti «il rammarico, cioè la deplorazione, per una manifestazione giudicata senza precedenti per la sua gravità».
E quel «rammarico» è stato «rinnovato, insieme con un richiamo severo a principi, regole e interessi generali del Paese»: solo «con tendenziosità» si può spacciarlo come scrive Repubblica per «un legittimo impedimento automatico, un lodo Alfano provvisorio». E pure dopo l'incontro con il comitato di presidenza del Csm è stato «ripetuto» che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Conclusione, nessun salvacondotto per Berlusconi, Giannini potrebbe mostrare rigore e sdegno analoghi «nei confronti di tutti i sediziosi, dovunque collocati e comunque manifestatisi». Certi magistrati? Certi giornalisti?
Intanto, con l'insediamento delle Camere, comincia una settimana decisiva: senza una maggioranza chiara, Bersani non potrà insediarsi a Palazzo Chigi. Il Colle segue con interesse le scelte e gli accordi per la presidenza del Senato e apprezza la mini apertura grillina sul governo del presidente.
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