Napolitano vuole guidare il dopo Monti: ecco perché la Befana porterà il voto

Il piano del Colle per gestire anche la prossima legislatura. Ma deve affrettare i tempi: a maggio termina il mandato

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Camere sciolte alla Befana, urne aperte tra febbraio e marzo, quando gli italiani che potranno permetterselo sa­ranno in settimana bianca: que­sto, in sintesi, lo schema di massi­ma sul quale al Quirinale stanno lavorando, questa la mappa per accompagnare il cambio di legi­slatura e affidare l’incarico di go­verno al nuovo (?) presidente del Consiglio. Ma il 6 gennaio è la data limite, il termine ultimo per un buon esito dell’operazione: se ci saranno le condizioni, il capo del­lo St­ato potrebbe suonare la cam­panella anche prima, anche a Na­tale.
Tutto ciò perché Giorgio Napoli­tano, come ha spiegato chiara­mente nel messaggio di sabato al meeting di Cernobbio,vuole«ado­perarsi perché venga dato seguito e sviluppo alle scelte concertare in sede europea», cioè ammini­strare il Paese seguendo l’agenda Monti, se non con Monti stesso al­la guida. Un obbiettivo che il presi­dente perseguirà con fermezza «fi­no al termine del mio mandato », il 12 maggio 2013.
Dunque i margini sono abba­stanza stretti. Se il capo dello Stato vuole continuare a gestire la parti­ta, a «vigilare sugli impegni presi», deve anticipare il gong perché la procedura non sia troppo a ridos­so con la fine del suo settennato.
Ci sono infatti dei protocolli com­plicati da rispettare, dei tempi che non si possono comprimere. La Costituzione, ad esempio, stabili­sce che dallo scioglimento delle Camere al voto non devono passa­re più settanta giorni. E dopo le ele­zioni, servono diverse settimane per la nomina dei presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, la formazione dei gruppi parla­mentari, le consultazioni ufficiali, l’incarico,il voto di fiducia.Da qui la scelta di mandare il Paese alle urne in pieno inverno.
Quattro mesi allora, poi tutti a casa. Ma forse manca pure meno alla fine della sedicesima legisla­tura. Da settimane in Transatlanti­co si scommette sulla data precisa
del «tana libera tutti», ma sono troppe le variabili e le incognite per una previsione esatta. Da un lato, prima di sciogliere, Napolita­no deve attendere che il Parlamen­to approvi la legge di stabilità, la vecchia Finanziaria. E quindi si aspetta «una costruttiva conclu­sione della legislatura che porti a compimento il densissimo pro­gramma di provvedimenti». Dal­l’altro lato, spera che i partiti rie­scano in extremis a mettersi d’ac­cordo per una riforma delle legge elettorale, in modo da rendergli più facile il lavoro per il dopo.
Se infatti proprio in questi gior­ni sta crescendo il partito del «Monti bis», se pure aumentano gli inviti dei circoli finanziari inter­nazionali e le pressioni delle can­cellerie europee perché l’Italia tenga ancora il Professore a Palaz­zo Chigi, il Colle non può e non vuole prendere impegni. La solu­zione del puzzle dipenderà infatti dai pezzi che Napolitano avrà sul suo tavolo, ossia dai rapporti di for­za che usciranno dal nuovo Parla­mento. «Non solo in Italia- ha det­to al Cernobbio- ma in tutte le de­mocrazie le elezioni presentano delle incognite e degli esiti incer­ti ».


Quanti seggi prenderanno i gril­lini? Chi prevarrà tra i tre partiti della strana maggioranza ABC che oggi sostengono Monti? In conclusione, bisogna «avere fidu­cia sulla maturità delle opinioni pubbliche», però «non possiamo farci illusioni perché resta molto da fare data la gravità del debito pubblico e la ripresa dell’econo­mia è lontana ». La strada però è se­gnata, è sempre la stessa: sangue, sudore e lacrime.

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