Il Monte dei Paschi di Siena, che con un prestito del Tesoro di 4 miliardi è stato salvato dal dissesto causato dalla gestione spericolata del Pd, che lo controlla tramite la omonima Fondazione, ora rischia di costare al contribuente almeno 3 miliardi sonanti, più uno di prestito. La Fondazione Mps dipende dal Comune e dalla Provincia di Siena, cioè dal Pd. Loro e Matteo Renzi, che comanda in tali enti, non vogliono perdere il controllo dell'istituto. Così si oppongono all'aumento di capitale di 3 miliardi, necessario per rispettare i parametri bancari europei.
Mps è la terza banca italiana dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit. Se l'ispezione delle banche europee che la Bce sta per avviare accertasse che Mps fa fronte alla situazione solo grazie al prestito statale, potrebbe dichiararlo a rischio di insolvenza, con panico dei risparmiatori e delle imprese che ne ricevono i prestiti. Ciò si ripercuoterebbe negativamente sulle quotazioni del nostro debito pubblico, di cui Mps detiene una fetta consistente.
Per evitare il baratro lo Stato dovrebbe nazionalizzare Mps convertendo tre miliardi del suo prestito in capitale. Ciò rientra fra le clausole del prestito concesso tramite i Monti bond, che è un credito convertibile in azioni. Se il Tesoro non facesse questo intervento ed Mps fallisse, lo Stato perderebbe l'intero prestito di 4 miliardi. Quest'ultimo infatti ha la natura legale di «prestito subordinato», che risponde dei debiti della società come il capitale sociale. Dunque, quando il sindaco Pd di Siena Valentini, fedelissimo di Renzi, dichiara che la nazionalizzazione è esclusa perché lo Stato non ha i soldi, dice una cosa errata. Lo Stato dovrebbe trovare i soldi per evitare un danno patrimoniale peggiore e per evitare il panico finanziario. La ragione per cui il sindaco del Comune e il presidente della Provincia di Siena insieme al presidente del Monte dei Paschi, Antonella Mansi, hanno bocciato l'aumento di capitale, proposto dal presidente della banca Mps Alessandro Profumo e dal suo amministratore delegato Fabrizio Viola, è che adesso non hanno i soldi per fare la propria parte nell'operazione e così scenderebbero all'1%. E il Pd perderebbe il controllo della banca. Oggi la Fondazione resta il primo socio, con il 33% del capitale. Ma essa, con la sua gestione sbagliata, ha sperperato il capitale accumulato nei secoli: Mps, fondata nel XV secolo, ha avuto sino alla prima metà del Novecento un grande splendore.
Ora la Fondazione ha perso la maggioranza assoluta e si è indebitata per 340 milioni. Vuole quindi guadagnare tempo, per vendere un po' delle sue azioni, ripagare il debito e rimanere con almeno il 5%, cercando nel frattempo soci amici per formare un pacchetto di controllo. Dunque l'assemblea, su sua mozione, ha deliberato di rimandare l'aumento del capitale. Profumo e Viola dicono che non si può attendere, avendo come patrimonio solo il prestito statale. Inoltre l'Unione Europea vuole che 3 dei 4 miliardi siano rimborsati entro il primo semestre. Profumo e Viola hanno messo in piedi un consorzio di garanzia con Ubs, City Bank, Goldman Sachs e Mediobanca che ora garantisce la copertura dell'aumento di capitale. Ma ciò potrebbe essere impossibile a fine 2014, quando il tasso di interesse salirà dappertutto. A parte il fatto che l'esame dei parametri bancari di Mps da parte della Bce avverrà fra pochi mesi.
Profumo ha dichiarato che non se la sente di mantenere la presidenza della banca in queste condizioni. Il sindaco Valentini, a nome di Renzi, gli dice in pratica di andarsene pure e che nomineranno un altro: sono loro che, con il 33%, comandano. Sembra che corrano verso il precipizio. Ma pensano di avere il paracadute: perché il segretario del Pd Renzi può indurre il governo a trovare la soluzione, sborsando, in un modo o nell'altro, i 3 miliardi che saranno caricati sul contribuente italiano.
La Mansi, che è arrivata alla presidenza della Fondazione per meriti politici Pd pur essendo una laureata in chimica, digiuna di tecniche bancarie e finanziarie, dichiara che con questa linea vuole evitare che Mps cada in mano al capitale internazionale. Il che è doppiamente assurdo: se fondi di investimento arabi, banche svizzere, banche e fondi di investimento americani e Mediobanca daranno a Mps l'ossigeno necessario, chi ci guadagnerà sono le miriadi di imprese, piccole e medie, che questa banca finanzia e i moltissimi risparmiatori che in essa hanno i propri impieghi.
Siamo nel XXI secolo. Ma il Pd ragiona con antiquati principi politico-bancari di provincia, inadatti alla nostra epoca. Il problema è che il conto dei suoi errori bancari è a carico del contribuente, cioè di noi tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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