La villa degli orrori è in cima a un poggio immersa tra boscaglie, laghetti, frutteti, un inferno incistato in un angolo di paradiso. Le mura massicce nascondono gli orrendi segreti del Forteto, una comunità dove bambini e ragazzi disagiati vengono accolti in affido e abusati. Violenze per liberarli dal male, omosessualità praticata come unica relazione d'affetto vero, lavaggi del cervello, pestaggi, plagi, lavoro minorile.
Tre giorni dopo aver partorito, D.G. era già seduta a etichettare gli yogurt. M.G. ha perso un dito a 8 anni mentre chiudeva la sponda di un camion. F.B. a scuola veniva chiamato «il pecoraio» perché vi arrivava dopo la mungitura delle capre e ne portava l'odore. P.C., disabile psichico, era costretto a nutrirsi di «silomais», cibo per ruminanti portato apposta dalla stalla: il ragazzo inghiottiva, vomitava e si doveva rimangiare il vomito. E poi le botte con zoccoli e mestoli: «Una volta a scuola non ci andai per tre giorni da quanto ero pesta - confessa M.C. - avevo i segni qua sul collo, poi la Elena mi truccò un pochino».
E l'omosessualità, la pedofilia, per bambini e bambine. Pratiche tollerate e incentivate: «Un percorso obbligato verso quella che veniva definita liberazione dalla materialità», in cui «i minori diventavano prede e ciò avveniva non solo con il consenso collettivo, ma anche con quello dei genitori affidatari presenti in comunità». È scritto nella relazione finale della Commissione d'inchiesta del consiglio regionale (presidente Stefano Mugnai, Pdl, vice Paolo Bambagioni, Pd) che ha fatto luce sul sistema di affidamento dei minori in Toscana.
«Una mattina andai a portare il caffelatte a Rodolfo - racconta M.C. - e me lo ritrovai con la canottiera senza mutande. Fece per prendermi, mi dice vieni in collo a me, io sono l'uomo puro». «A 15 anni e mezzo - è la testimonianza di E.F. - Rodolfo mi dette un bacio sulla guancia e lì lo accettai; successivamente, perché è stata graduale questa cosa, siamo passati al bacio a stampo e lì mi irrigidii un pochino, poi al bacio con la lingua e io stavo sempre zitto, non dicevo nulla, faceva tutto lui. Praticamente poi lui mi prese la mano e me la mise sul ... però sopra i pantaloni».
Omettiamo i particolari più scabrosi. «Queste cose duravano dai 10 ai 40-45 minuti, quindi andavo in bagno, mi sciacquavo e andavo a fare i compiti. C'avevo paura a raccontare, avevo paura delle conseguenze, e allora stavo zitto e subivo». M.C. ha avuto negli anni tre madri affidatarie e rapporti sessuali con tutte: «Dicevano che non erano cose sporche, che l'unico modo per liberarmi degli abusi subiti in casa era riviverli fisicamente». Bambini con alle spalle violenze familiari costretti a subirne altre per superare il trauma. Di racconti come questi ce n'è decine, tutte vittime minorenni.
Questa storiaccia dà il voltastomaco. Ma non è questa la vergogna più ripugnante: come certi prigionieri dei lager o dei gulag sopravvissuti al male e all'ideologia, sono stati i ragazzi stessi, diventati uomini, a smascherare il sabba maleodorante. Lo scandalo è che questo sistema è conosciuto da 35 anni, da quando il fondatore Rodolfo Fiesoli, il «Profeta», fu arrestato e condannato per corruzione di minori: verdetto seguito, nel 2000, da un pronunciamento analogo della Corte europea per i diritti dell'uomo. Sentenze seppellite come «errori giudiziari» da altri magistrati che hanno continuato ad affidarvi altri bambini.
Il Forteto nasce come cooperativa agricola nel 1977, anni di piombo, sulla scia della contestazione sessantottina contro la famiglia e l'autorità. I fondatori, che frequentavano una parrocchia di Prato, aprono una «comune» contro le ipocrisie della società e della Chiesa. Dopo qualche tempo si trasferiscono al Mugello: la scuola di don Lorenzo Milani a Barbiana si trova a pochi chilometri e al prete fiorentino, morto nel 1967, il gruppo si richiama esplicitamente, oltre che a padre Ernesto Balducci, Mario Gozzini, Giampaolo Meucci, i leader dei cattolici di sinistra, una corrente politico-culturale molto affermata a Firenze tra gli Anni 50 e 90. Agli occhi di questo contesto illuminato quanto potente, il Forteto appariva un'utopia realizzata: il comunitarismo, il ritorno alla terra, i prodotti d'eccellenza, la rottura dei legami tradizionali. Il Profeta e il sodale Luigi Goffredi inventano la «famiglia funzionale», in cui l'uomo e la donna non sono legati da amore, fardello di «materialità» di origine sessuale, ma da una mansione da svolgere. Al Forteto, dove erano banditi i rapporti eterosessuali, non nascevano bambini; così Fiesoli chiese e ottenne minori in affido. E la «comune» diventò una setta con lessico e metodi propri: i maschi separati dalle femmine per non «acchitare» (provocare); i maltrattamenti come prassi nel chiuso del «forno»; la corruzione fisica; gli abusi psicologici (l'unico telefono era amplificato in sala mensa perché tutti controllassero i colloqui personali); i «chiarimenti», una berlina in cui bisognava ammettere tutto, anche ciò che non si aveva fatto.
I sistemi «rieducativi» del Forteto sono stati teorizzati, messi per iscritto in libri pubblicati da autorevoli editori, dibattuti in conferenze e convegni, finanziati da enti locali, osannati da intellettuali, politici, magistrati, psichiatri, assistenti sociali. Un miscuglio di Freud e don Milani, di legami con la Toscana catto-comunista e la Lega delle cooperative, di rapporti e coperture insospettabili: la stessa sera del 1979 in cui lasciò il carcere dopo il primo arresto, il Profeta ottenne in affido un bimbo down dal Tribunale dei minori di Firenze. Non è una cupola di pochi potenti ad aver coperto gli abomini del Forteto, ma il sistema istituzionale e culturale che comanda in Toscana: soltanto così si spiega perché questo scandalo sia stato tacitato per decenni.
Le denunce delle vittime hanno fatto intervenire la procura di Firenze che nel dicembre 2011 ha arrestato nuovamente il Profeta, che nelle scorse settimane è stato rinviato a giudizio con altri 22 membri della comunità.
Il processo si aprirà il 4 ottobre. Nel frattempo, molti reati sono già caduti in prescrizione. Ma i magistrati che sapevano, e dovevano intervenire, facevano parte della fitta trama di rapporti che ha sempre protetto gli orrori del Forteto.(1. continua)
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