Parità per il coniglio: "È come cane e gatto"

Appello per trasformare con una legge i roditori in animali d'affezione. Ed evitare loro di finire in salmì (o in calde pellicce)

Vexata quaestio, quella sollevata dalla Federazione italiana diritti animali e dall'associazione Aae Conigli che, se mettessero un numero di telefono nei contatti sulla pagina Facebook, magari potrebbero anche essere intervistate. Chiusa la parentesi.

Faccenda molto vexata, ovvero complicata, contorta, insomma ben incasinata, quella sollevata. È la volta dei conigli, dei quali per la verità, almeno in ambito veterinario, si discute da tempo per mere questioni burocratiche che li fanno impazzire anche quando devono soltanto stilare una ricetta. La legislazione vigente infatti non fa alcuna distinzione fra i conigli da carne e quelli cosiddetti «nani» che sono, a tutti gli effetti, animali d'affezione. Ne consegue che se il coniglietto nano ha bisogno delle gocce nasali perché ha il raffreddore, il veterinario lo deve trattare come se la carne finisse sulle tavole delle famiglie, con tutto quanto consegue a causa dei possibili residui. Triplice ricetta dunque, di cui una copia trattenuta dalla farmacia, una copia inviata alla locale Ausl (ad alzare la montagna delle certe inutili e ingombranti) e l'ultima copia al veterinario che la deve tenere per un certo numero di anni, in caso di ispezioni. E tutto ciò per curare il raffreddore di un coniglietto «nano» che, come un cane o un gatto, segue il proprietario, risponde alle sue chiamate e si fa coccolare come è giusto che sia per un qualsiasi animale d'affezione. Basta però scrivere sulla ricetta che le gocce nasali per il coniglietto, sono invece destinate al cane e la faccenda burocratica è risolta con buona pace di tutti. Spero di non avere sconvolto il ministro Lorenzin, rivelando questo escamotage dei veterinari, i quali me ne diranno di tutti i colori per avere tradito un segreto professionale.

«Dopo il cane e il gatto» proclamano le associazioni protezionistiche «il coniglio è l'animale da compagnia più diffuso nelle case degli italiani». È un fenomeno destinato a crescere in quanto si tratta di un animale affettuoso, intelligente, capace di integrarsi perfettamente in casa o in appartamento e, soprattutto di formare un forte legame affettivo con le persone che se ne prendono cura. I volontari delle due associazioni in difesa di quelli che loro amano chiamare i «Lapini» o i «Bunny» hanno indirizzato al ministro della Salute una petizione in cui si chiede che il coniglio rientri nella classificazione degli «animali d'affezione», come cane e gatto. Ne conseguirebbe il godimento degli stessi diritti a non essere mangiati e usati come animali da pelliccia.

Le associazioni parlano genericamente di «conigli», quindi sembra che la petizione li comprenda tutti, «nani» o alti normali e belli grassi, quelli che finiscono «alla cacciatora» sulle tavole di un Paese che è il primo al mondo per produzione di queste carni, con 130.000 tonnellate l'anno e un consumo pro capite che sfiora i 5 chili. Bello scoglio per gli animalisti.

D'altronde molti si chiedono perché «salvare» i conigli, ma condannare il cavallo, l'asino e le caprette. Non hanno il diritto a essere animali d'affezione anche loro e forse più dei conigli? O meno? O lo stesso? Vexata quaestio...

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