Il parroco anti camorra sconfessa il pm Woodcock

Don Merola in radio attacca la toga dell'inchiesta Cosentino: "Leggendo gli atti non ho trovato prove per dire che è un camorrista. Immorale che sia in prigione"

Il pm di Napoli Henry John Woodcock
Il pm di Napoli Henry John Woodcock

Roma - Il prete anticamorra benedice Berlusconi e Cosentino e sconsacra il pm Woodcock. È un fiume in piena don Luigi Merola, sacerdote, scrittore, cavaliere della Repubblica, una vita in trincea contro i clan dei vicoli campani. Microfono in mano, a La Zanzara su Radio 24, parla di politica. E parla chiaro: «Berlusconi? È un perseguitato, i magistrati lo perseguitano tanto». La sua è un'omelia politicamente scorretta ma genuina, specie quando parla delle toghe: «Lo perseguitano come hanno fatto con Mastella - dice il prete -. Alcuni magistrati sono politicizzati e ignoranti, devono leggere e studiare di più. Ci vuole la formazione permanente dopo il concorso». Parole sante anche se difficilmente Anm e Csm sarebbero disposti a fare mea culpa. Poi ci si aspetta che, da prete, arrivi la scomunica per lo stile di vita del Cavaliere. Ma don Merola è tutto fuorché un ipocrita: «Berlusconi - ragiona - è un peccatore come tanti altri. Sono stato a Roma tre anni per lavorare al ministero dell'Istruzione e dico che quello che fa Berlusconi lo fanno tutti, politici di sinistra e di destra, alti funzionari e magistrati. Tutta gente che ha la seconda, la terza e la quarta amante da cui si fanno accompagnare con l'auto blu. Farò nomi e cognomi». E ancora, per l'ex premier arriva il segno della croce: «Berlusconi lo assolvo per il fatto che fa mangiare 80mila famiglie in Italia. Lo perdono con l'assoluzione per qualsiasi cosa abbia fatto».
Una vita a raccattare gli ultimi alla stazione centrale di Napoli; una quotidiana battaglia contro l'usura e contro i clan; una guerra aperta alla criminalità organizzata tanto che in un'intercettazione un camorrista disse: «Lo ammazzerò sull'altare». Don Merola la malavita la conosce bene. La tiene sotto controllo, la combatte, la studia. E studia le carte processuali. Tutte. Senza lenti ideologiche. Ecco perché, quando gli chiedono del conterraneo Nicola Cosentino, ex sottosegretario pidiellino diventato simbolo degli impresentabili, don Merola anche questa volta spiazza tutti: «Leggendo gli atti che riguardano Cosentino, mi sono fatto l'idea che non ci sono le prove per dire che è camorrista e per stare in carcere». E quindi «è immorale e ingiusto che sia in prigione, non può inquinare le prove perché si è costituito e il procedimento è chiuso».
Naturalmente il sacerdote non può non parlare anche di Henry John Woodcock, uno dei pm titolari dell'inchiesta: «Woodcock lo considero di estrema sinistra, ho saputo che è diventato magistrato dopo due bocciature al concorso. Come prete vengo a sapere tante cose, Woodcock potrà essere preparato sullo sport ma sul diritto deve studiare un po' di più». Prete di strada, don Merola è solito dire pane al pane e vino al vino. Chiama le cose con il loro nome. E per questo è stato inviso alla sinistra. Sul sindaco di Napoli, per esempio, era stato tranchant: «De Magistris a Napoli ha fatto due cose: ha chiuso il centro storico e fatto la pista ciclopedonale, manco fossimo nella Pianura padana. Ma purtroppo non ascolta nessuno. Noi napoletani non sappiamo a che santo dobbiamo votarci, ma saremo proprio noi, alla fine che salveremo Napoli». E non aveva risparmiato neppure Grillo: «Non lo capisco: è un fenomeno tutto italiano. Come si fa a non avere nessun rispetto delle istituzioni, come si fa a dire arrendetevi a chi rappresenta l'Italia? Vogliamo costruire qualcosa o soltanto opporci?». Amico di Caldoro e di Francesco Nitto Palma, don Merola era stato in predicato di diventare parlamentare con la casacca del Pdl. Era pure stato a palazzo Grazioli per un'ora di colloquio con Berlusconi. «Mi ha offerto un seggio per portare avanti le mie battaglie. Ma poi ho detto di no vedendo le liste».

Al suo niet fu subito corteggiato da Luca Cordero di Montezemolo ma anche a lui disse niet. E spiegò: «È inutile discutere sul Cosentino sì o Cosentino no. La colpa è del porcellum. Se i cittadini potessero scegliere direttamente questo non succederebbe, invece a scegliere sono i segretari dei partiti».

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