Penati ci ha dissanguati: ha buttato 179 milioni di euro

Chiesto il giudizio per Penati. La tranche d'indagine sulla cessione delle azioni della Serravalle è ancora aperta. Strana coincidenza di tempi con le manovre Unipol-Bnl

Se possono risultare antipati­che le operazioni di cui Filippo Penati è accusato dalla Procura di Monza- nella richiesta di rinvio a giudizio che gli è sta­ta notificata ieri­ di avere compiuto gra­zie alla fine della «Sesto operaia», lu­crando sulla riconversione delle glorio­se fabbriche in condominii e centri commerciali, ancora più indigeste, in tempi di crisi e di spending review , sono le altre operazioni, quelle raccontate nel fascicolo che i pm Mapelli e Mac­chia tengono ancora sul loro tavolo. È il capitolo d’inchiesta relativo all’epoca in cui Penati era presidente della Pro­vincia di Milano, quando acquistò a un prezzo fantasmagorico dal costruttore Gavio la quota dell’autostrada Serraval­le, di cui la Provincia deteneva già un ro­busto pacchetto di azioni, tale- somma­to a quello del Comune- da garantirle il controllo assoluto della società.
È lì,nell’affare Serravalle,che si anni­da
il lato più oscuro e dirompente del­l’inchiesta. Oscuro perché molte rispo­ste cercate dai Pm sono ancora nasco­ste all’estero, in conti cifrati e paradisi fi­scali. E dirompente perché il conto del­l’operazione Serravalle grava ancora oggi sulle tasche dei cittadini milanesi, sui bilanci di Comune e Provincia, e condiziona le scelte che gli amministra­tori pubblici stanno compiendo in que­ste settimane.
Quanto è costata ai milanesi la deci­sione di Penati di comprare a tutti i costi il 15% di azioni in mano a Gavio? Il pri­mo salasso avviene all’epoca dell’ac­quisto, nel 2005: le azioni vengono pa­gate a Gavio la bellezza
di 8,83 euro cia­scuna, per un totale di 238 milioni di eu­ro. Un affarone per Gavio, che le aveva pagate meno di tre euro l’una:il costrut­tore realizza una plusvalenza di 179 mi­lioni. Ma le conseguenze negative per le casse della Provincia non si fermano lì. Negli anni successivi all’operazione, il valore delle azioni Serravalle in mano alla Provincia continua a scendere ine­sorabilmente. A settembre di quest’an­no, le azioni Serravalle vengono svalu­tate a 5,8 euro ciascuna. Il valore com­plessivo del pacchetto è sceso da 689 a 552 milioni di euro. Un buco enorme, che condizionerà tutte le operazioni che la Provincia avrebbe dovuto realiz­zare. E che ben difficilmente verrà colmato se e quando si riuscirà ad alienare una parte della società autostradale, vi­sto che le ultime gare per la privatizza­zione sono andate tutte deserte.
Davanti a questa operazioni appa­rentemente senza capo né coda ( nono­stante che Pier Luigi Bersani, a inchie­sta già in corso, ne abbia difeso in tv l’uti­lità sociale) la procura di Monza si è do­mandata:
perché? È stato solo uno sper­pero di denaro pubblico, o c’è sotto qualcosa? Da questo interrogativo so­no nate le rogatorie in Svizzera sui conti di Bruno Binasco, amministratore dele­gato del gruppo Gavio, nell’ipotesi che una parte della plusvalenza realizzata da Gavio fosse tornata in forma di finan­ziamento sottobanco verso i Ds milane­si. Ma c’è uno scenario ancora più com­plesso, evocato dalla singolare coinci­denza­di tempi tra l’acquisto di Serraval­le e la scalata di Unipol alla Banca nazio­nale del Lavoro, festeggiata da Piero Fassino al grido «abbiamo una banca!».

Il 3 agosto 2005, quattro giorni dopo ave­re rifilato le azioni della Provincia di Mi­lano, Gavio versa 14 milioni alla Banca popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani: cioè a uno dei principali alleati di Uni­pol nella conquista della Bnl. Il cerchio si chiude?

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