Al persecutore di Tortora la poltrona di assessore

L'ex pm Marmo alla Legalità a Pompei. Non si è mai scusato, ecco il premio

Al persecutore di Tortora la poltrona di assessore

Roma - All'indomani del processo Tortora non ci furono scuse né autocritiche. La sofferenza estrema vissuta in carcere da un innocente, una carriera professionale spezzata, la salute compromessa, l'adesione acritica alle versioni dei pentiti, le campagne dei grandi quotidiani, le grida d'allarme quasi del tutto solitarie lanciate da Radio Radicale. Un mosaico di dolore composto in un verdetto capovolto e in un errore diventato emblematico, un errore per il quale nessuno pagò. Anzi, i pm di quel processo furono addirittura promossi.

Quella vicenda, però, sembra non potersi mai davvero chiudere. Trentuno anni dopo - l'arresto di Enzo Tortora avvenne il 17 giugno del 1983 con l'accusa di associazione camorristica e traffico di droga - il pubblico ministero di quel processo è stato scelto dal sindaco di Pompei per diventare assessore. Nando Uliano, appena eletto nella città degli scavi patrimonio mondiale dell'umanità, lo ha chiamato a far parte della sua squadra. L'ex pm sarà uno dei cinque assessori. Si occuperà di Legalità e Sicurezza, ma avrà anche la delega alla Difesa del patrimonio archeologico e ambientale.

Diego Marmo, oggi in pensione dopo una lunga carriera in magistratura (è stato anche procuratore aggiunto di Napoli, prima di assumere la guida della procura di Torre Annunziata) si è occupato di questioni attinenti l'area archeologica. Nel 2012, ad esempio, curò l'inchiesta sui crolli della schola armaturarum e della casa del moralista. «È successo tutto in fretta» ha spiegato al Corriere del Mezzogiorno. «Quando ho sentito della proposta il mio primo impulso è stato dire no. Poi ha prevalso il fascino della parola Pompei. E quindi mi sono detto che non era giusto rifiutare. Ho deciso di metterci la faccia». È il Velino, invece, a strappargli un commento sulle polemiche legate alla sua nomina: «Quello di Tortora è solo un episodio della mia vita professionale. Ho fatto tante cose, la mia è una storia di una persona per bene. Per 50 anni ho svolto questo mestiere. La cosa più importante è fare il possibile per i beni archeologici di Pompei».

Le buone intenzioni sono conclamate. I risultati si vedranno sul campo. E si potrebbe aggiungere che il diritto all'oblio dovrebbe valere per tutti. Ma è inevitabile chiedersi se davvero fosse opportuno procedere a questa nomina, mettere sul tavolo la carta a sorpresa dell'arruolamento del magistrato di quel processo-simbolo. In tempi in cui la resistenza a oltranza contro l'introduzione della responsabilità civile dei giudici - sancita da un referendum, finito anch'esso nell'oblio - è tornata alta il significato simbolico di tale nomina diventa fortissimo.

Ed è inevitabile che la memoria di tutti vada a ripercorrere i toni e le accuse di quel processo, l'arringa del pm Marmo che descrisse Tortora «un uomo della notte ben diverso da come appariva a Portobello». Lo stesso magistrato che, concluso il suo percorso professionale, incassa oggi un incarico che è difficile non interpretare come una medaglia. O forse come un premio alla carriera.

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