Milano - Va a finire che il procuratore Edmondo Bruti Liberati si concede anche qualche battuta: quando il suo cellulare suona la sveglia, e lui dice «è l'ora della giustizia ad orologeria»; oppure quando spiega che l'indagine non è stata aperta due giorni prima «per non influenzare l'andamento dei quarti di finale di Coppa Italia». Sdrammatizzazioni a parte, Bruti sa bene che la mossa che annuncia ieri mattina è destinata a scatenare polemiche a non finire. Ad appena cinque giorni dalla resurrezione politica di Silvio Berlusconi con l'accordo con Matteo Renzi sulle riforme, la Procura milanese apre la nuova inchiesta contro il Cavaliere.
Ieri mattina Bruti dispone la iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati per corruzione in atti giudiziari, articolo 319 ter, pena massima fino a otto anni (adesso, grazie alla legge Severino, sarebbero dieci: ma almeno su questo punto la legge non è retroattiva). Il leader di Forza Italia è accusato di avere comprato il silenzio e le menzogne di Kharima el Mahorug, alias Ruby, e delle altre Olgettine venute in aula a discolparlo nel corso del suo processo a suo carico. Testimonianze che non servirono a nulla, visto che Berlusconi venne condannato a sette anni di carcere, e che ora rischiano di costare al Cavaliere un guaio ancora peggiore.
Insieme a Berlusconi finiscono sotto inchiesta altre quarantacinque persone. Bruti non fa nomi, ma per ricostruire l'elenco basta leggere le motivazioni con cui i giudici dei processi Ruby 1 e Ruby 2 trasmisero gli atti alla Procura. In cima all'elenco Niccolò Ghedini e Piero Longo, gli avvocati storici del Cavaliere, e il loro collega Luca Giuliante, ex legale di Lele Mora, tutti accusati di avere collaborato all'operazione di depistaggio. Poi, il lungo elenco dei testimoni sfilati in aula a smentire le tesi dell'accusa. Alcuni se la cavano con l'accusa di falsa testimonianza: come la poliziotta Giorgia Iafrate, che ha giurato di avere liberato Ruby di sua iniziativa, e l'ex deputato Valentino Valentini, che ha escluso pressioni di Berlusconi sulla polizia; o gli invitati alle cene di Arcore - come il giornalista Carlo Rossella, l'eurodeputata Licia Ronzulli e la senatrice Maria Rosaria Rossi - che hanno negato di avere visto alcunché di sconveniente. Poi, il lungo elenco delle ragazze a libro paga, che invece verranno indagate per corruzione giudiziaria: a partire da lei, Ruby, eroina eponima di questa saga politico-giudiziaria, e a seguire tutte le Olgettine aiutate da Berlusconi («per colpa di questa storia hanno perso il lavoro e a volte anche il fidanzato») con 2.500 euro mensili. Secondo un articolo di ieri di Repubblica, il versamento dell'aiuto è stato sospeso da dicembre. Ma poco cambia. Ed è su questa «gigantesca anomalia» (parole della Procura) dei pagamenti alle testimoni che la Procura si sente più solida nell'avviare l'inchiesta.
Adesso cosa accade? Il fascicolo, affidato al procuratore aggiunto Piero Forno e al pm Luca Gaglio, si presenta come un fascicolone di non facile gestione. Dei 45 indagati, una potrebbe presto uscire di scena, la colombiana Diana Iriarte: essendo indagata per avere calunniato Ilda Boccassini (che accusò di averle estorto delle ammissioni) di lei si occuperà la Procura di Brescia. Ma farsi largo nelle posizioni degli altri 44 indagati non si annuncia facile né breve. Un conto è che il tribunale abbia ritenuto credibili alcuni testimoni (quelli dell'accusa) e altri no (quelli della difesa); un altro paio di maniche è dimostrare che i secondi abbiano deliberatamente mentito: altrimenti metà dei processi si concluderebbero con l'incriminazione dei testimoni.
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