Piller, volto buffo della Germania che fa le videoprediche all'Italia

RomaSe Angela Merkel è la dea dell'eurozona, il suo profeta in Italia è Tobias Piller. L'agente monomandatario del rigore tedesco nella terra che il suo connazionale Johann Wolfgang Goethe identificava per la crescita dei limoni ed egli invece solo per la crescita del debito pubblico.
Tobias Piller, cinquant'anni, è il corrispondente economico nel nostro Paese per la FAZ, acronimo pronunciabile per Frankfurter Allgemeine Zeitung, uno dei più noti quotidiani tedeschi. Area liberal-conservatrice, oltre 400mila copie vendute quasi tutte per abbonamento. Uno di quei giornali per cui si spende a occhi chiusi il trito aggettivo: autorevole (uff!). In questa veste Piller sin dal 1992 racconta gli italiani ai tedeschi. Solo che da qualche tempo si è messo in testa di raddoppiare il lavoro, raccontando gli italiani anche agli italiani stessi. Spiegando cioè a noi tutti perché resteremo sempre delle simpatiche canaglie: inaffidabili, cialtroni e ciurlatori nel manico. Un lavoraccio, quello del prezzemolino mediatico: corri da Paola Saluzzi su Sky Tg 24, vola da Oscar Giannino su Radio 24. I telespettatori possono bearsi del suo sorriso da bimbo dietro occhialoni tartaruga fuori moda e fuori misura. I radioascoltatori si devono accontentare del suo italiano grammaticalmente impeccabile ma pronunciato da crucco delle barzellette: «qvel», «ciocare», cose così.
Piller è il cantore del merkelismo in Italia, anche se ci vuole più bene di SuperAngela, se non altro perché vive da noi da quattro lustri. Ma è l'affetto del fratello ricco, laureato e perbenista per il secondogenito scapestrato, fuori corso e un po' viveur, che per arrivare a fine mese ogni tanto gli chiede un prestito. Un affetto che gli fa scrivere cose come questa: «Se dai mille euro a un italiano, che cosa ne farebbe? Per semplificare, si compra un iPhone Apple prodotto in Cina, un televisore Samsung dalla Corea, paga la prima rata per un'auto tedesca o coreana o forse spende tutto per una breve vacanza a Sharm-el-Sheikh».
Piller, si badi, non è un italoscettico dell'ultima ora. Né ha preconcetti politici. Lui bastona a destra e a manca. Nel 1997 aveva già capito abbastanza del nostro Paese per dubitare del buon esito degli sforzi dell'allora governo Prodi per adeguarsi ai famigerati parametri di Maastricht: «La condizione dell'Italia è troppo debole per poter affrontare i cambiamenti ora necessari per una società moderna», scriveva. Negli anni successivi ne avrà anche per il governo Berlusconi. È del 2010 un suo gaio vaticinio sulle nostre sorti: «L'Italia si avvicina all'abisso». Amen.
Piller negli anni ha bacchettato un po' tutti gli aspetti della nostra società: dai tassisti imbroglioni agli studenti provinciali, dagli ospedali labirintici ai colleghi giornalisti scoopparoli e superficiali. Eppure ha tutto per avvalorare il cliché del tedesco che parla male dell'Italia ma guai a chi lo caccia. È da noi da vent'anni: o si tratta di una condanna per una colpa che ignoriamo o di una scelta. Certo è che dietro gli occhialoni da secchione Tobias da noi non fa vita di stenti: vive a Roma in via della Mercede, in pieno centro, ed è il presidente dell'Associazione della stampa estera in Italia. Geniale incrocio, questa, tra una redazione (al 10 per cento) e un circolo (al 90 per cento) con sede in via dell'Umiltà. Cinquecento e passa giornalisti di ogni razza impegnati a lavorare ma anche a organizzare viaggi stampa (tutto spesato), serate gastronomiche e premi cinematografici nella convinzione che gli scriba stranieri nel nostro Paese siano una sorta di ufficio stampa globale dell'Italia e quindi vadano coccolati. Convinzione avvalorata dal contributo che sin dal 1953 l'associazione riceve dal governo italiano. Piller al ruolo di presidente ci tiene eccome, lo fa da anni salvo qualche mandato di pausa.

Chi lo conosce lo racconta come eccelso organizzatore, infaticabile animale da campagna elettorale e grande presenzialista, soprattutto agli eventi del cosiddetto Gruppo del gusto, perché - ma va? - non disdegna cibo e vino italiano. Dimostrazione che si può giurare - come fa Piller - che la rovina dei giornalisti italiani sia l'ordine professionale e al contempo approfittare dell'amore tutto italico per le caste.

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