Il pizzino di Napolitano: tre ministri li nomino io

Napolitano vuole farsi garante degli impegni presi con Bruxelles e rivendica la scelta per Giustizia, Esteri ed Economia

Il pizzino di Napolitano: tre ministri li nomino io

Commissariati. Forse è arrivato il momento di cominciare a guardare in faccia la realtà. Questa è la parola. L'Italia è la provincia di un impero tecnocratico, quello che ha per capitale Bruxelles e quartier generale Berlino. E così sia. Non è una suggestione e neppure un sospetto: lo sussurra il Colle. La notizia arriva chiara e senza fronzoli da Marzio Breda, autorevole quirinalista del Corriere della Sera, uno che sa interpretare e prevedere le mosse di Napolitano. Il governo Renzi non sarà come quelli di Monti e Letta. Non avrà il bollino blu del capo dello Stato. Non è certificato. Napolitano non può non permettersi di chiedere alcune garanzie. Ne va della sua parola. Ci sono impegni presi nel recente passato con l'Unione europea. Che fare? Serve un'assicurazione, una golden share e in soccorso arriva l'articolo 42 della Costituzione. Il capo dello Stato «nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri». Traduzione politica. Renzi può proporre, ma l'ultima parola spetta a Giorgio II. Il Quirinale - sottolinea Breda - «esercita quantomeno un potere di sorveglianza, che a volte è diventato di interdizione (vedi il caso Previti nella stagione di Oscar Luigi Scalfaro). Questa volta però il Quirinale non si accontenta di valutare caso per caso. Vuole un pacchetto di ministeri. Non ministeri qualsiasi, ma quelli pesanti, quelli che contano, quelli che hanno le chiavi del destino di un Paese. Eccoli. Giustizia, Esteri e soprattutto Economia. Non è un caso che per quest'ultimo spunta la candidatura di Enrico Letta. L'ex premier, il defenestrato, l'uomo che ha ricevuto i complimenti di Obama, ma che rassicura la signora Merkel. Quello che serve è lui o uno come lui. Meglio naturalmente che sia lui. Ancora Breda. Ancora il Corsera. «Chi ricoprirà tale incarico dovrà essere riconosciuto competente, autorevole e credibile a Bruxelles e presso la Bce guidata da Mario Draghi. Un doppio fronte che continua a tenerci sotto osservazione».

Ora capite perché le elezioni sono un tabù? Non per un'improvvisa stravaganza senile di Napolitano. Neppure tanto per la crisi. Non si vota perché non si fidano di voi. Non vi possono lasciare giocare con questioni così delicate. Ci sono promesse. Ci sono patti. Ci sono rassicurazioni. I burocrati, si sa, sono sempre un po' sospettosi di fronte all'imprevedibilità del popolo italiano. E se votano ancora Berlusconi? E se votano Grillo? E se votano un Renzi non depotenziato? L'ultima volta, per esempio, erano lassù al centro dell'impero tutti convinti che gli italiani avrebbero votato in massa il professor Monti. Lo hanno perfino convinto, quasi costretto, a candidarsi con un partito con un nome inventato su misura da un burocrate creativo. Scelta civica, un brand che scalda i cuori. Sentite come si canta bene: scelta civica la trionfeeeerà. Poi è andata come è andata. Errare è umano, perseverare è diabolico. Niente elezioni, quindi. Già Renzi è un problema così. Quello che può fare Napolitano è garantire i sussurratori (se vi viene in mente la saga di Guerre Stellari non state sbagliando) e diventare un punto di riferimento per l'opposizione. No, non quella che sta in Parlamento. Chi se ne frega. Quella vera, quella nascosta nella parte oscura della maggioranza.

La quinta colonna nella roccaforte renziana che già si sta preparando al sabotaggio. I malpancisti del Pd e il partito eterno delle poltrone. E se il presidente della Repubblica si blinda con tre ministeri chiave Renzi è circondato. Arrendetevi. È tutto fumo?

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