"Forza Italia liberale e laica Non ci sarà la resa dei conti"

Il coordinatore apre al ritorno alle origini: "Io ero già favorevole prima del voto". E punge Quagliariello: "Simpatizzava per il grande centro, ora ci spiega cosa fare"

"Forza Italia liberale e laica Non ci sarà la resa dei conti"

Roma - Sandro Bondi, lei che è coordinatore del Pdl, che cosa pensa del ritorno a Forza Italia?
«Io ero favorevole al ritorno a Forza Italia ancor prima delle ultime elezioni. Semmai...».

Semmai?
«Semmai mi fa specie che Gaetano Quagliariello, le cui simpatie per un grande centro erano note a tutti, oggi senta il bisogno di precisare quali debbano essere i caratteri di Forza Italia, un movimento inclusivo e non la casa degli ultras. Forse Quagliariello è ancora convinto che gli ultras siano coloro che si sono opposti all'idea di considerare Berlusconi un leader al tramonto. Quanto all'idea di un movimento inclusivo spero proprio che Quagliariello condivida il ritorno a un movimento limpidamente liberale e riformista, laico e non confessionale, che sia la casa comune di credenti e di non credenti, che ha caratterizzato una intera fase del nostro movimento, prima che si volesse imporre a tutti il credo degli atei devoti».

Di nuovo al 1994?
«No, il ritorno a Forza Italia non può essere il ritorno dell'identico, per citare Nietzsche. Né il pretesto per una resa dei conti interna. Forza Italia deve significare la ripresa coerente dei valori liberali e riformatori, che per varie ragioni non hanno avuto sviluppo adeguato».

E per quanto riguarda i ruoli?
«Penso che, fermo restando il pieno recupero della leadership del presidente Berlusconi, il ruolo di Alfano al suo fianco non sia e non debba essere in discussione. Semmai l'unità del movimento potrebbe essere arricchita anche attraverso ruoli di primo piano tra cui ritengo sia utile faccia parte anche Daniela Santanchè che rappresenta indubbiamente una sensibilità presente nel nostro elettorato. E a proposito, un eventuale veto del Pd alla candidatura di Santanchè alla vicepresidenza della Camera sarebbe inaccettabile».

Intanto l'Italia continua a fare i compiti assegnati dall'Europa...
«Non c'è la coscienza che di questo passo si va dritti verso una catastrofe sociale. Si va verso un'altra tragedia nella storia dell'Europa. Si continua di fatto a seguire la strada di Monti, con accorgimenti e variazioni che non intaccano minimamente il precipitare dell'economia italiana verso una gravissima recessione, al termine della quale c'è solo la distruzione del nostro apparato produttivo e industriale. Berlusconi ha posto la questione della funzione della Banca centrale e della rigida applicazione della soglia del 3 per cento, ma nessuno ha colto questo grido d'allarme».

Qual è il rischio a cui va incontro l'Italia?
«Se non c'è una svolta immediata l'Italia continuerà a sprofondare in una crisi drammatica. E alla fine l'uscita dall'euro non sarà una decisione consapevole e autonoma presa in una posizione di relativa forza, ma una necessità assunta allo stremo delle forze».

E in tutto questo il governo Letta...
«Vede, io ho sperato che il governo Letta potesse affrontare la crisi economica, varare finalmente le riforme istituzionali e in questo modo contribuire a quella pacificazione di cui l'Italia ha assoluto bisogno. Purtroppo la magistratura e gruppi editoriali come quello di Repubblica, che dettano la linea della sinistra italiana, si sono mossi ancora una volta per far saltare l'ipotesi della pacificazione e la navigazione tranquilla del nuovo governo. Sia Napolitano sia Letta avrebbero dovuto non comportarsi da Ponzio Pilato, bensì riconoscere che il problema dell'equilibrio dei poteri, a seguito del ruolo abnorme assunto dalla magistratura, è una questione politica che riguarda la nostra democrazia che non si può ignorare o imputare assurdamente a Berlusconi».

E il ripristino della cabina di regia rilanciato da Brunetta e Schifani?
«Sia Brunetta, la cui coerenza è ammirevole, perché dice oggi le stesse cose che diceva inascoltato durante i governi Berlusconi e Monti, sia Schifani, il quale ha il merito anche di difendere

con equilibrio le prerogative del Parlamento, hanno ragione. Sarebbe un errore abbandonare il metodo adottato con la cabina di regia per concordare e difendere meglio in Parlamento e nel Paese i provvedimenti del governo».

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