Roma - Chi verrà dopo Mario Monti e Vittorio Grilli non avrà nessuno spazio per prendere decisioni rilevanti. Zero per fare altra spesa pubblica - e questo sarebbe comprensibile - ma nemmeno per incentivare lo sviluppo o affrontare spese inevitabili. Poi, quello che è peggio, niente margini di sicurezza nel caso molto probabile che le previsioni sulla crescita siano riviste al ribasso.
Fino due giorni fa era solo un gossip politico economico riassumibile nella seguente espressione: il governo Monti sta servendo un piattino avvelenato al successore. Nella migliore delle ipotesi lo paralizzerà, nella peggiore lo metterà nella condizione di fare una manovra che farà rimpiangere le sue. Ieri è diventata certezza.
«Tutto ciò che comporta nuova spesa richiede nuove coperture», ha precisato il ministro dell'Economia a chi gli chiedeva come avrebbe fatto il prossimo esecutivo a finanziare gli ammortizzatori sociali (cioè la Cassa integrazione), le risorse per gli esodati, le missioni militari e altre poste di spesa che di fatto sono già considerate inevitabili, adesso che il governo in carica ha portato il deficit del 2013 a al 2,9% del Pil. Cioè a un punto decimale dalla soglia che Bruxelles non vuole mettere in discussione.
Grilli ha confermato che si sarebbe potuto fare altrimenti. Ad esempio spalmare la parte dei debiti della Pa che grava sul deficit e non sul debito (circa sette miliardi sui 40 che il governo ha stanziato per saldare i debiti della Pa) su più anni a non concentrarla tutta sul 2013. «Si poteva fare, tutto si può fare, ma a giudizio nostro e del Parlamento (il riferimento è alla nota di aggiornamento del Def approvata dalle camere, ndr) viste le condizioni di debolezza congiunturale dell'economia, quella di essere troppo prudente era una scelta peggiore di essere prudenti. Meglio utilizzare tutti quegli spazi subito». La decisione del governo è stata quindi politica. E il Parlamento appena nominato l'ha ratificata nell'ansia di accelerare il più possibile una soluzione alla vergogna dei debiti della Pa.
La tempesta perfetta sui conti futuri, si completa con la clausola di salvaguardia introdotta da Monti, comunicata alla Commissione europea, senza sentire il Parlamento.
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