La sentenza del processo arriva a metà dibattimento. «Compagno Violante, dovevi stare zitto». Segue motivazione: «Con le tue interviste hai dato adito a tante chiacchiere. Sei proprio un intellettuale: lanci mille dubbi, e poi sono cazzi nostri». Condannato senza appello e senza Cassazione, e non c'è neppure bisogno della legge Severino per estrometterlo dal Parlamento: dal 2008 Luciano Violante non si è più candidato.
L'ex presidente della Camera ha detto una cosa che in uno stato di diritto dovrebbe essere scontata: chiunque ha diritto di difendersi, compreso - udite udite - Silvio Berlusconi. Ma per il Pd è una bestemmia. Articoli e interviste hanno attirato sull'ex magistrato una valanga di insulti: fiancheggiatore, venduto, traditore, vuoi salvare il Caimano. I social network ne sono intasati. Dieci senatori del Pd piemontese hanno scritto un documento in difesa dell'illustre ex collega e ieri a Torino, nel caldo pomeriggio domenicale, hanno convocato un incontro per dargli la possibilità di spiegarsi.
Ma il linciaggio è continuato, durante l'assemblea e soprattutto a margine. Twitter (con l'hashtag #pdincontraviolante) e Facebook hanno seguito in tempo reale il dibattito riversando su Violante il livore inespresso: una giovane dirigente del Pd torinese - così riferisce il senatore Stefano Esposito - ha scritto su Facebook che se incontrasse Violante lo manderebbe in ospedale con tre punti di sutura. Nel seminterrato della sede torinese del Partito democratico i toni non sono stati violenti, ma si è trattato comunque di un'inquisizione staliniana. Il garantismo non fa breccia nel Pd. Un muro di odio e intolleranza si è alzato contro il richiamo alla legalità di Violante e dei suoi dieci. Parlamentari, consiglieri regionali, semplici militanti: la discussione è andata avanti per quasi tre ore, dalle 15 alle 18. La sentenza però era già scritta.
Violante non concede salvacondotti a Berlusconi, ma vuole muoversi secondo le regole. «Non sono un garantista ma un legalitario», proclama. È questo che lo infastidisce del Pd: «È facile applicare le regole agli amici, molto più complicato farlo per gli avversari». E poi: «Non sono favorevole a trasformare Berlusconi in una vittima. La ricerca costante del nemico è segno di debolezza del partito. E questo c'è da una parte e dall'altra». Ce n'è anche per il giudice Esposito: «Da ex magistrato penso che chi giudica deve mantenere il riserbo fino al pronunciamento delle motivazioni».
Ma la base del Partito democratico non sente ragioni. La legge Severino è costituzionale, costituzionalissima, perché è stata votata dal Parlamento e firmata da Napolitano. Berlusconi non ha diritto a difendersi al Senato perché l'ha già fatto a sufficienza in sette anni di processo e tre gradi di giudizio. L'avvocato Giampaolo Zancan, ex senatore dell'Ulivo e principe del foro torinese che difese d'ufficio alcuni brigatisti per garantire loro un giusto processo, sentenzia: «L'incostituzionalità è una sciocchezza». Un militante osserva: «Troppa giustizia significa nessuna giustizia». E allora avanti con la giustizia sommaria, che con Berlusconi non si sbaglia mai.
Un iscritto a Sel fa notare che «se avesse fatto un cittadino normale quello che ha fatto Berlusconi in questi 20 anni, avremmo già buttato la chiave del carcere». Un tesserato Pd paragona invece Violante al «presidente di un collegio di difesa a latere» del Cavaliere. Un altro ritiene che il Pd voglia introdurre surrettiziamente un quarto grado di giudizio: «La base è in crisi di nervi da sei mesi. Per noi Berlusconi è un condannato, non più un senatore».
Pochi hanno il coraggio di contrastare la marea di odio del partito della ghigliottina. Tra questi c'è Giusi La Ganga, ex socialista che conosce bene i metodi di certa magistratura: fu coinvolto in Tangentopoli e ne uscì riabilitato dopo lunghi anni. «Sento e leggo cose disgustose contro Violante. Questo clima di scontro perpetuo mi riporta ai tempi del Movimento studentesco, quando gli oltranzisti cacciarono gli altri e poi, rimasti soli, imboccarono la strada eversiva».
Ma l'eroina della giornata è la signora Vittoria Silvestri, 72 anni, pasionaria dai capelli bianchi che alle telecamere di Piazza Pulita ne dice di tutti i colori contro Violante e poi, a metà dibattito, quando lui accenna a «non voler fare di Berlusconi una vittima», se ne va indispettita. Torna dopo una mezzoretta e alla fine, in un angolo, le canta chiare al politico: «Senti compagno, Berlusconi è un delinquente. Perché dobbiamo difenderlo?».
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