"Telecom deve essere venduta al più presto a Telefonica o a qualche grande gruppo internazionale prima che gli attuali azionisti ne spolpino anche le ossa. Telecom è morta, ma si possono espiantare i suoi organi e salvare l’occupazione ancora rimasta". Chi lo ha detto? Beppe Grillo, che solo tre anni fa partecipava ad un'assemblea degli azionisti "con il lutto al braccio.
Era l'aprile del 2010 e l'ormai ex comico celebrava il funerale della "ex prima azienda tecnologica del Paese è finita, ogni anno, da 10 anni, diventa più piccola, più marginale nel contesto internazionale". E invitava Bernabè e Galateri a vendere "quello che è rimasto a Telefonica": "Restituite la dorsale allo Stato e dopo andate a casa, insieme al consiglio di amministrazione, prima del fallimento", tuonava prendendosela soprattutto con Gnutti, Colaninno e Consorte.
Da allora sono passati poco più di tre anni e Grillo ha cambiato idea. E Telecom è diventata una risorsa imprescindibile per il Paese, al punto che il governo deve usare parte dei miliardi di euro destinati alla Tav per bloccare la vendita agli spagnoli e evitare che l'Italia perda "un altro pezzo". "Le telecomunicazioni diventano spagnole. Un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane.
Fondamentale per le politiche di innovazione del Paese", si legge oggi in un post non firmato pubblicato sul suo blog. "In passato, anni fa, avevo previsto questa fine ingloriosa con la cessione a Telefonica", ammette, facendo però riferimento a un intervento del 2007".
Stesso problema, soluzioni
diverse. Del resto non è la prima volta che Grillo si rimangia quanto detto prima. Basta pensare a quando spaccava computer nei teatri demonizzando la stessa tecnologia che oggi ha permesso ai suoi di entrare in Parlamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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