Quando deve incassare lo Stato diventa strozzino

Fisco ed enti locali esigono fino all'ultimo euro in tempi brevi, altrimenti scattano sanzioni e ganasce. Bastano soli due mesi per pagare il doppio

Quando deve incassare lo Stato diventa strozzino

Lento a pagare, veloce a esigere: così è lo Stato nei confronti dei cittadini. Quando è l'ente pubblico a essere debitore, infatti, i tempi d'attesa sono infiniti: come minimo, le imprese creditrici devono aspettare 180 giorni prima di ricevere il dovuto - nonostante la pubblica amministrazione sia tenuta a pagare in 90 giorni- , ma in alcune regioni, soprattutto al Sud, i ritardi arrivano a superare i 600 giorni, se si tratta di ospedali e sanità. Ma quando è il cittadino a dover pagare- che sia una semplice multa, o le tasse arretrate- allora le cose cambiano: bisogna pagare tutto, entro limiti di tempo inderogabili, altrimenti arriva la «scure» di Equitalia. Basta un errore di calcolo nella dichiarazione dei redditi per trascinarsi dietro sanzioni accessorie, interessi di mora e - nei casi più gravi - misure di recupero forzoso, come le «ganasce fiscali», il pignoramento o l'ipoteca sulla casa.

Una drammatica realtà che riguarda molti italiani, soprattutto artigiani e piccoli imprenditori, messi in ginocchio dalla crisi e da un Fisco sempre più pesante: e se non pagano la cartella esattoriale, non è per cattiva volontà, ma per mancanza di denaro. Tanto più che il Fisco, spesso, sbaglia: e chiede ai cittadini somme non dovute, vedi «cartelle pazze» e non solo. Non a caso, nei primi tre mesi di quest'anno, più della metà dei contenziosi esaminati dai giudici tributari si sono conclusi con una vittoria del contribuente: e non si tratta di casi eccezionali. Ma i ricorsi, tanto per cambiare, hanno tempi lunghissimi: circa 800 giorni per ottenere un giudizio dalla Commissione tributaria provinciale, altri 600 se si arriva alla Commissione regionale, totale quasi 1.500 giorni, senza parlare dei casi in cui si arriva alla Corte di Cassazione. Intanto, la legge non fa sconti: e gli interessi a favore dello Stato corrono. Certo, poi arriva il rimborso: ma anche qui, il Fisco è cattivo pagatore. Se un anno e mezzo è il tempo che aziende e famiglie devono attendere mediamente per ottenere i rimborsio, si segnalano casi in cui gli arretrati di Iva, Irap e Irpef sono stati incassati anche dopo 4 o 5 anni.

Ma anche senza arrivare a questi casi drammatici, basta che i Equitalia subentri nella riscossione all'ente pubblico - che sia l'Agenzia delle Entrate, l'Inps o l'ente locale - per far scattare anche l'aggio del 9% ( ridotto all'8% dalla «spending review», ma solo a partire dal primo gennaio 2013). Così, arrivare a pagare più del doppio della somma dovuta, anche solo nel giro di un paio di mesi, è tutt'altro che difficile.

Basta anche una semplice multa per violazione al codice della strada, valore 100 euro: ma se non si paga entro 60 giorni, sanzioni e interessi di mora, attualmente al 4,55% annuo, la fanno lievitare a 220 euro. A questo punto, il Comune iscrive la multa a ruolo: ovvero, passa la palla ad Equitalia. Che trattiene il 9% a copertura dei costi di riscossione: ma, nei primi 60 giorni, la metà è a carico del contribuente, il resto a carico del creditore, in questo caso il Comune. Poi ci sono le spese di notifica: altri 5,88 euro. Risultato finale: 220 euro di multa e interessi di mora, più 16 euro a favore di Equitalia- tra aggio e notifica a carico del cittadino-, totale 236 euro. Ma se passano altri 60 giorni, i 16 euro diventano 25, perchè al cittadino tocca pagare tutto l'aggio del 9%: e la multa, da 100, è arrivata a 245 euro. E siamo solo all'inizio: perchè se il contribuente non vuole- o non può - pagare il suo debito, lo Stato ha altre frecce al suo arco.

Tutto secondo la legge, beninteso: come Equitalia tiene a spiegare dettagliatamente, con tanto di guide per i cittadini sul sito. Ma quale sanzione è applicata alla sanità pubblica per i 300 giorni di ritardo medio dei pagamenti alle imprese? Nessuna.

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