Milano - In principio furono due foto, allegate agli atti dell'inchiesta. Un paio di manette piumate, e un giocattolo erotico. Un sex toy. Trovati nella casa di un'olgettina, e catalogati come fonti di prova. Gli stessi per i quali l'ex direttore Emilio Fede - al telefono con la ragazza che era stata perquisita dalla polizia giudiziaria - se ne uscì con un icastico «Madonna di Dio, roba da pazzi». Era solo l'inizio. L'inizio di una discesa in picchiata nell'infimo del voyerismo, una corsa a grandi falcate verso l'osceno, un tuffo nello sprofondo del vizio privato offerto alla morbosità pubblica. Era il tempo delle intercettazioni, parole e parole tutt'altro che costumate che fecero il giro del mondo, a partire da quella da cui tutto ebbe inizio. Bunga bunga. Sembrò il fondo del baratro. Poi venne il processo. E si continuò a scavare.
Perché il Rubygate è stato anche questo. Un'aula di tribunale riempita di racconti da postribolo, una ricerca spasmodica del dettaglio scabroso. E del resto, non poteva che andare così. C'era da dimostrare che villa San Martino era una specie di bordello, che le ospiti di Silvio Berlusconi erano prostitute, e che ad Arcore ci andavano per esercitare la «professione». E così, grottesche e inevitabili, si sono sentite le domande della pubblica accusa - i procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Pietro Forno, e il pm Antonio Sangermano - sui toccamenti, gli spogliarelli, la carne scoperta, i seni e i glutei, l'abbigliamento intimo, le strusciate, le scene erotiche e i rapporti sessuali. A cui, il più delle volte, le ragazze hanno risposto con un «no». Nessun festino a luci rosse. Al massimo un po' di burlesque. Non l'avessero mai detto. «Sia gentile - è stato chiesto a una ragazza - descriva nel dettaglio l'abbigliamento burlesque per facilitarci la comprensione».
E insomma, sempre lì si va a parare. Domande tipo: «C'erano ragazze interamente spogliate?» (udienza del 24 maggio 2012). O ancora, «Si è mai intrattenuta in intimità con Berlusconi, intendendo rapporti sessuali?» (pm Sangermano, udienza dell'8 giugno 2012). Ma alle volte ci si mettono anche i giudici. Come quando - sempre a giugno - a testimoniare era stata chiamata Johanna Visan. «Accade qualche volta che la Minetti (Nicole Minetti, ex consigliere regionale lombardo, ndr) si sia spogliata. C'era la musica alta e qualcuna si sentiva di fare uno spettacolo». Il giudice Turri vuole i dettagli: «Cosa vuol dire che la Minetti si spogliava? Si toglieva la maglietta, la camicia, le mutande, il reggiseno?». «Le mutande no».
Messe una in fila all'altra, potrebbero riempire un romanzetto porno-soft. «Si è mai avvicinata all'onorevole Berlusconi toccando o facendosi toccare, segnatamente nelle parti intime, ovvero seno, vagina, fondoschiena?». «Che tipo di performance facevano le ragazze, si dimenavano tra loro?». «Durante gli spogliarelli come rimanevano le ragazze, nel senso quali e quanti indumenti toglievano?». «Ha visto dei palpeggiamenti? Ha assistito a interazioni connotate da contatti lascivi?». «Nel verbale dell'interrogatorio invece si parla di mani in mezzo alle gambe. Lei ha visto toccamenti di tale specie?». «Ricorda se le gemelle erano nude o vestite? Ah, erano seminude, descriva meglio».
«Esclude che sia girata una statuetta (quella di Priapo, ndr) raffigurante un omino nudo con l'organo genitale sproporzionato rispetto alle dimensioni della statua?». Di fronte a un simile campionario, fa quasi tenerezza la domanda (processo Ruby-bis) sul bacio che la cubana Lisa Barizonte diede a Berlusconi. «Come fu?», chiede il giudice Anna Gatto. «Alla francese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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