La Rai specialista in molestie: vuole il canone per i computer

Da Viale Mazzini raffica di lettere per farsi pagare il tributo "speciale" (407 euro) anche da titolari di aziende e partite Iva. Basta un pc "fuori dall'ambito familiare". La replica: "Le cartelle? Spedite ad artigiani ed autonomi ma a scopo informativo"

La Rai specialista in molestie: vuole il canone per i computer

L'importo è proprio speciale: 407,35 euro. La Rai sta spedendo le lettere per chiedere quella cifra, il cosiddetto «canone speciale», a proprietari di bar, ristoranti, alberghi, negozi, insomma chi ha un locale pubblico e - presume la Rai - anche un televisore al suo interno.

Ma non solo loro dovranno vedersela con l'ufficio abbonamenti di Viale Mazzini. Le cartelline stanno arrivando persino alle partite Iva, lavoratori autonomi che hanno la propria sede a casa propria. Ad Alessandro Ciuti, collaboratore di un'agenzia assicurativa, una partita Iva appunto, la cartella dell'Ufficio abbonamento Rai è arrivata proprio l'altro giorno, con allegato il bollettino postale per saldare il presunto debito con la tv pubblica: i famosi 407,35 euro. «Ma a che titolo?» chiede Ciuti, che è anche il coordinatore del Tea Party in Lombardia, dunque molto sensibile al tema tasse, soprattutto se misteriose come questa: «Non ho un locale pubblico e nemmeno un ufficio aperto al pubblico, lavoro presso un'agenzia di assicurazioni come collaboratore - spiega Ciuti -. Casa mia è la sede legale di Alessandro Ciuti come ditta individuale, ma non ricevo a casa mia i clienti, ci vivo! Il mio dubbio è vogliano farmi pagare il canone speciale per il fatto che ho un computer portatile. Ma non spiegano perché, mi dicono solo che devo pagarlo!». L'altro dubbio è che la Rai, in difficoltà per il taglio di 150 milioni di euro chiesto dal governo, provi a fare un po' di cassa così, spedendo le cartelline da 407 euro anche ad aziende, professionisti, lavoratori autonomi etc...

Ciuti non è l'unico a raccontarci di aver ricevuto il bollettino speciale Rai. Anche Massimo Mazzucchelli, titolare di un'azienda che si occupa di packaging in provincia di Varese ha ricevuto il bollettino e nemmeno a lui non è chiaro per quale motivo la Rai gli chieda 203 euro di canone speciale: «In azienda ho solo dei pc, telecamere per la sicurezza ma non ho assolutamente nessuno strumento per ricevere la tv. Ho sentito altri amici, con piccole imprese, uno con una tipografia, hanno ricevuto anche loro i bollettini». La Rai chiede il canone speciale a «coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell'ambito familiare, o che li impiegano a scopo di lucro diretto o indiretto». La Rai fornisce due tabelle che dovrebbero chiarire qualcosa. La prima spiega cosa si deve intendere per apparecchi «atti o adattabili» alla ricezione del segnale tv, riportando uno schema elaborato dal ministero dello Sviluppo economico nel 2012. Oltre a tv e radio, basta avere un «riproduttore multimediale dotato di ricevitore radio/tv» o anche un telefonino dotato sempre di ricevitore radio/tv, o anche una «scheda per computer» o una chiavetta Usb dotata di sintonizzatore. Esclusi, dopo le polemiche nel 2012, i videocitofoni e i computer senza ricevitori. Se invece si possiede un pc che può ricevere il segnale si rientra nel canone speciale. Ma per qualsiasi categoria di attività? Qui ci aiuta la seconda tabella Rai, quella sulle diverse classi di importo.

Ce ne sono cinque, dai 6.789 euro l'anno ai 203 euro. La quarta categoria, quella da 407 euro, comprende però oltre «esercizi pubblici, navi e aerei in servizio pubblico, ospedali e case di cura», anche un generico «uffici». Basta dunque avere un ufficio, anche a casa propria, per dover pagare 407 euro alla Rai? Chiediamo delucidazioni alla Rai che ci conferma di aver spedito le lettere («a tipologie di attività come: attività manifatturiere, di noleggio, artigianali, informatiche, alimentari, aziende di servizi, agenti di commercio e altre») ma solo «a scopo informativo». Poi spiegano: «Il presupposto impositivo sorge a fronte della detenzione fuori dell'ambito familiare di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di programmi televisivi.

Non sono in questione dunque soltanto gli esercizi pubblici o le strutture ricettive, ma tutti i casi in cui la detenzione dell'apparecchio si realizza fuori dell'ambito familiare in senso stretto». Dunque chi ha un'attività lavorativa e un apparecchio «fuori dall'ambito familiare» si prepari al canone speciale.

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