La corsa contro il tempo è partita. La scommessa, per Matteo Renzi, è arrivare alla nuova legge elettorale in poche settimane. Entro la metà di marzo, dicono i suoi, in modo da lasciare aperta la finestra elettorale del 25 maggio, in abbinamento con le Europee.
Renzi ovviamente smentisce. E rassicura Letta: «Vogliamo tenere insieme legge elettorale, abolizione del Senato e revisione del regionalismo: ci vuole almeno un anno, lo dico per rispondere alle preoccupazioni del premier sul voto nel 2014». Peccato però che ieri gli alfaniani abbiano fatto «un clamoroso passo indietro» sul bicameralismo, dicendo di voler solo ridurre il numero degli eletti. È l'occasione per aprire un nuovo fronte col Ncd: «Se gli alleati della maggioranza non vogliono fare la riforma della Costituzione ce lo dicano». Sul tavolo ci sono le tre proposte del segretario Pd (doppio turno, spagnolo e Mattarellum rivisto). E Renzi ha spiegato che «ci presenteremo con una proposta quando saremo in condizione di portare a casa il risultato», ossia quando sarà chiaro quale ha i numeri più larghi. E non è un caso se ieri, proprio mentre giravano voci insistenti (ufficiosamente confermate sia in casa Pd che in Forza Italia) di un nuovo abboccamento con Denis Verdini, Renzi ha spezzato una lancia a favore del modello ispanico, che «garantisce governabilità e alternanza, e impedisce le larghe intese». Il segretario del Pd ha urgenza di sapere a che gioco vuol giocare Berlusconi. E se è disposto a garantire i suoi voti su una proposta di mediazione, che secondo i suoi potrebbe essere il Mattarellum, in grado di raccogliere - se ci sta Forza Italia - una maggioranza molto vasta: Pd, Sc, Lega, Sel. E di aprire forti contraddizioni nel M5S: ieri anche il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, si è pronunciato a favore. Nella direzione Pd di domani Renzi non scioglierà la riserva, ma probabilmente chiederà un mandato per raggiungere l'accordo entro il 20 gennaio, quando inizierà la discussione in Commissione. E ad oggi è chiaro che il doppio turno «modello sindaci», che piace a Ncd e dunque non romperebbe la maggioranza, di numeri ne ha pochini: sette voti di margine al Senato, con un'incognita pesante sui centristi di Casini. Se ci fosse la sponda di Fi, dunque, per il Mattarellum sarebbe praticamente fatta, anche se a Montecitorio (dove si vota a scrutinio segreto) le insidie sono molte, anche dentro lo stesso Pd. L'ala Letta-Bersani infatti spinge per l'accordo con Alfano sul doppio turno, per blindare il governo.
Quel che è chiaro è che Renzi ha intenzione di continuare a picchiare sull'anello debole della maggioranza, ossia Alfano. «Staremo al governo con loro il tempo necessario per fargli approvare civil partnership e ius soli», ha promesso sferzante ieri. Intanto Roberto Giachetti è tornato alla carica sul caso Shalabayeva: «O il ministro smentisce il prefetto Procaccini, secondo il quale lui sapeva della caccia al dissidente kazako, oppure si deve dimettere perché ha mentito al Parlamento». E certo non aiuta la nuova intercettazione di Ligresti che tira in ballo Alfano. Né il caso Di Girolamo, che Renzi butta tra i piedi di Letta: «Tocca al premier decidere. Noi abbiamo chiesto che venga in aula a rispondere, non si fanno processi in contumacia. La Idem si è dimessa, dimostrando uno stile profondamente diverso». Montecitorio ne discuterà venerdì.
A Palazzo Chigi l'allarme è forte. Anche perché, ricorda un renziano, «se il ministro non si vuol dimettere, il premier ha solo una strada: azzerare il governo e chiedere la fiducia su un Letta bis. Strada pericolosissima».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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