Matteo Renzi unchained arriva a Porta a Porta e mena fendenti a tutti: seppellisce Pier Luigi Bersani («È riuscito a dimezzare gli iscritti, a perdere 3,5 milioni di voti e le elezioni»); punzecchia Enrico Letta l'«andreottiano» che pensa solo a «durare»; dichiara il «game over» per Silvio Berlusconi.
Scrolla un Pd da «museo delle cere» che non sa «giocare in attacco»; dileggia i dirigenti che cercano di saltare sul suo carro («Nella tradizione di Firenze il carro viene fatto esplodere a Pasqua, suggerirei a tutti di non salire»); dà una sberla en passant pure a Tremonti; irride i «grillini sul tetto». E non tergiversa più sul suo futuro: farà il segretario, e poi farà pure il candidato premier, e nel frattempo forse continuerà anche a fare il sindaco. «Ho cambiato idea sulla segreteria del partito - spiega - quando ho visto che nei primi mesi di vita del governo il Pd è rimasto un po' alla ruota del Pd», invece di «ritrovare stimoli, entusiasmo ed energia».
E quindi, dice ai compagni di partito che ammucchiano sacchi di sabbia per respingere il suo assedio, fatevene una ragione: «Il congresso del Pd va fatto», nelle date previste e già fissate dallo Statuto e non «dopo le elezioni amministrative di Firenze» come sogna qualcuno per legargli le mani: «C'è una scadenza il 7 novembre, perché non rispettarla?».
Su Berlusconi, Renzi è duro: «Bisogna mettere un punto», dice. «In qualsiasi Paese al mondo Berlusconi sarebbe già andato a casa di suo, è un dato di fatto, poi è libero di pensare che è una ingiustizia» ma il punto è che «la legge è uguale per tutti sennò diamo un messaggio devastante». Per il Cavaliere «è game over, la sua vicenda appartiene alla storia di questo paese». E la crisi, Renzi ne è certo, «non la farà, per mille motivi».
Dunque, è ora che il Pd guardi avanti e che il governo si rimbocchi le maniche, e Letta la pianti di invocare la «durata», come in un «tic andreottiano»: «Agli italiani interessa che il governo faccia, non che duri». Chiosa perfido: «Io capisco che Letta si preoccupi della seggiola, ma bisogna pensare a quel che serve al Paese». Da segretario, è pronto a dare «non una mano, ma due» all'esecutivo, a patto che Letta «si metta a lavorare per il bene di tutti e non abbia paura: governi. Si preoccupi di tagliare il cuneo fiscale e di intervenire sulle cose da fare». E non stia lì a preoccuparsi dei sondaggi: «Credo che Letta abbia un consenso vero e non voglio che nei prossimi mesi o anni stia a guardare se Renzi o lui sia in testa». Non si riesce a governare «evocando una paura o una minaccia, lo fece Tremonti dicendo la frase più idiota degli ultimi anni quando disse: Rischiamo di fare la fine della Grecia.
Letta non lo segua». Quanto al Pd, «deve rischiare, non rimanere nel museo delle cere. Quando il Pd gioca in difesa perde, quando fa il catenaccio perde e lo vediamo. Invece, deve giocare all'attacco». E se il Pd «vuole cambiare le cose, io ci sono. Altrimenti, lo lascio a loro», a quella nomenklatura immersa nel «gioco delle correnti» di cui «a me non frega nulla».
Insorge subito Bersani: «Questa cosa non mi piace. Renzi è membro dell'assemblea, deve averne rispetto. Siamo una compagnia, non può fare quello border line, l'interno-esterno». E avverte: «Io ho fatto il segretario, non è un lavoretto, gli consiglierei essere più prudente».
Contro Renzi alza la voce anche Angelino Alfano: «Game over per Berlusconi? Ma Renzi non diceva che Berlusconi andava battuto nelle urne e non per via giudiziaria? Evidentemente c'è un virus, virale: basta candidarsi alla segreteria del Pd per diventare giustizialisti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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