Sono scesi dal tetto, anzi forse dalla pianta. Ad attenderli sul campo minato della realtà hanno trovato non il docile Prandelli, ma uno con i denti di Suàrez anche se di nome fa Matteo. Ma alla fine l'«annusamento» tra premier Renzi e Cinquestelle pare aver accelerato la corsa alla legge elettorale - «bastano cento giorni», s'è spinto a dire Luigi Di Maio - fino al punto da provocare un altolà da Forza Italia. «L'accordo resta sull'Italicum», ha avvisato il capo dei senatori Paolo Romani. Fatto sta che le delegazioni si rivedranno tra tre-quattro giorni dopo essersi studiati le carte, bluff e assi taroccati compresi, per vedere se fu vera gloria.
In ogni caso il quarto round tra grillini e pidini è forse davvero una «prima volta». Manca Grillo, non si fa cilecca come con Bersani e Letta, e dunque il premier annusa fino da metà mattinata l'aria di bollito, quando Grillo su Facebook canta vittoria perché «il Grande Alibi è finito». Ovvero il «congelamento dei voti» di M5S che, finora, hanno prodotto ben pochi dei risultati politici sperati (per eterogenesi dei fini, più che altro). Le squadre previste - quella grillina a una punta fissa, il vicepresidente della Camera Di Maio (ormai idolo tra i suoi, benedetto dalla Casal-Grillo Associati), e quella pidina con un inedito 2-1-2 (Serracchiani, Speranza, Moretti) - vengono sorprendentemente aggirate dall'incursione di Renzi. Che si gode l'imprevista possibilità di una ribalta in streaming con sforzo minimo. Così, dopo aver condotto senza strafare una partita in discesa, prendendo in giro ora l'uno ora l'altro, Renzi lascerà la pattuglia con il più classico degli ultimatum. Un «ragazzi, ora a casa a fare i compiti, vi dò questi cinque esercizi». E giù elencando: 1) siete pronti ad accordarci su un correttivo per la governabilità, che a noi preme molto più delle preferenze?; 2) siete pronti a dire prima con chi ci si allea, così da non avere mai più inciuci e larghe intese?; 3) siete disponibili a restringere i collegi, visto che il vostro sistema è troppo complicato?; 4) siamo d'accordo ad affidare alla Corte costituzionale la legge elettorale prima dell'approvazione, per scongiurare eventuali rilievi di incostituzionalità? Infine, forse il più importante: siete disponibili a ragionare sulle riforme costituzionali? «Perché - argomenta il clemente «prof» di Palazzo Chigi - se non ci date risposte a questi interrogativi è inutile rivederci».
Il resto della partita, più mediatica che tecnica, si gioca con un protagonista assoluto, invano contrastato dal povero Di Maio, quasi penitenziale per colpe non sue. La proposta di M5S, varata ufficialmente dopo essere stata votata sul Web, viene derubricata da Democratellum a Toninellum (dal nome del grillino estensore della proposta), e quindi a Grandefratellum e Complicatellum (complice il meccanismo di attribuzione delle preferenze). I due interlocutori che parlano assieme, sono redarguiti: «Ma che fate, Ric e Gian?». Sul passato un velo pietoso. «Bersani non ha fatto il premier? Se non c'eravate voi l'avrebbe fatto»; «con Di Maio dopo i pizzini siamo passati dal tu al lei»; «se aveste detto prima che vi sareste accordati con Farage alle Europee forse avreste preso qualche voto in più o in meno»; «la Moretti qui presente ha preso 230mila voti, Di Maio è stato eletto con 182 voti alle primarie... noi con 182 preferenze non riusciamo a mettere un candidato neppure in consiglio comunale...».
Sempre senz'arroganza, per carità, dice Renzi mentre cucina a fuoco lento. «Siamo davvero contenti del confronto, sono felice, la discussione è preziosa, ci rivedremo...». Avanti, se fate i bravi, c'è un po' di trippa per i gatti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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