In risposta a Renzi si compatta il gruppo di Orfini. Al guinzaglio di Bersani

In risposta a Renzi si compatta il gruppo di Orfini. Al guinzaglio di Bersani

In risposta a Renzi si compatta il gruppo di Orfini. Al guinzaglio di Bersani

Roma Ah, e poi ci sono i «giovani turchi» del Pd. Nome che è tutto un programma, ispirandosi al ribaltone (apparentemente) generazionale che negli anni Cinquanta vide un gruppo di giovani cattolici sardi, capeggiato da Francesco Cossiga e Antonio Giagu, mettere in minoranza Nino Campus, cugino di Antonio Segni e suo luogotenente nel Sassarese. Questa la storia ufficiale. Nella realtà, però, all'impresa non furono estranei astri nascenti (e perduranti) della Dc dell'epoca: Fanfani, Dossetti e Rumor, che volevano incrinare il potere di Segni a Piazza del Gesù. Circostanza ammessa dallo stesso Cossiga, quando molti anni dopo raccontò come Rumor, vicesegretario, fosse venuto apposta da Roma per sostenere il drappello e «ci esortò a resistere contro quei vecchi personaggi».
Corsi e ricorsi storici che forse aiutano a decifrare l'irrompere dei «giovani turchi» nello scontro campale tra il segretario Bersani e il rottamatore Renzi. L'operazione avviene all'esterno della festa nazionale in corso a Reggio Emilia - scelta non priva di significato -, in un'assemblea gremita di trenta-quarantenni, ma anche di amministratori e deputati bersaniani. I più noti di questa (ennesima) non-corrente piddina, Matteo Orfini, Stefano Fassina e Andrea Orlando, sono infatti dichiaratamente per il segretario, attaccano frontalmente Renzi ed è permesso chiedersi se sia proprio tutta farina del loro sacco. Non nel senso dell'autonomia di pensiero di ciascuno di essi, per carità, quanto per il peso d'immagine che generosamente offrono alla nomenklatura. Come se volessero affermare, difatti lo fanno, «abbiamo l'età di Renzi, critichiamo anche noi il vecchio, ma abbiamo idee e Renzi no. Soprattutto, non manchiamo di rispetto ai nonni».

Sono i primi della classe, oppositori generazionali con il bollino blu, caldamente raccomandati dalle vittime stesse delle critiche. Cooptati in Segreteria, uno fa il responsabile informazione e cultura (Orfini), uno dell'economia (Fassina), il terzo della giustizia (Orlando). Tanto che per fugare il sospetto d'essere «polli allevati in batteria» calcano molto su alcune linee generali di dissenso politico, reclamano più coraggio nell'imboccare ricette antiliberiste alla Hollande, spronano Bersani a varare un'agenda propria, autonoma, in chiara contrapposizione a quella di Monti. Cui ancora ieri inneggiava una fetta del partito, a cominciare dal vicesegretario Enrico Letta. Come il segretario potrà mai conciliare queste posizioni - anche giuste, anche legittime - con la sbandierata continuità con il governo attuale, sarà il solito rompicapo piddino. Ma è il momento della propaganda, della controffensiva nei confronti di Renzi e, dunque, tutto fa brodo. Persino l'altro ex volto nuovo, questo allevato da Veltroni, Debora Serracchiani, che insiste a sostenere tesi altamente impopolari e autolesioniste, quale quella di soprassedere con le primarie.

In soccorso al segretario arriva anche la proposta ufficiale, promossa dal giovane turco Orlando, di celebrare le primarie in doppio turno (25 novembre e 2 dicembre) riservandole a elettori registrati in un albo. Un misto di burocrazia bulgara e trucco moldavo che rischia di alienare una buona fetta di popolo dalle urne. Sia per la scomodità, sia per l'effetto di «chiusura» che avrebbe l'anagrafe elettorale, sia per l'evidente vantaggio che il doppio turno assegnerebbe a Bersani. Tanto che il segretario finora non ha avuto il coraggio di proporlo (avrebbe contraddetto se stesso e lo spirito delle primarie), optando per la richiesta da parte dei suoi fan agguerriti.

Che da oggi sono i «giovani turchi»: teste d'ariete brillanti e persino da sostenere, se non avessero il vizietto d'origine. Nati e cresciuti troppo vicino alle stanze del potere, forse troppo educati e troppo perbene, mai commetterebbero il reato di «nonnicidio». A meno che non fossero gli stessi nonni della nomenklatura a ordinarglielo.

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