Saccomanni vuol vendere Bankitalia alla Merkel

Un decreto obbliga a cedere quote e apre a investitori esteri. E i tedeschi sono in pole position

Saccomanni vuol vendere Bankitalia alla Merkel

Stiamo svendendo la Banca d'Italia alla Germania? Stiamo quindi svendendo a Berlino la nostra riserva aurea di 92 miliardi di euro e 66 miliardi di valute pregiate e la nostra quota del 18% nella Banca Centrale Europea, quella del 3,24% nel Fondo Monetario e il controllo sui 145 miliardi di euro di circolazione monetaria in Italia? Il drammatico interrogativo si pone leggendo nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2013 n. 133, il titolo II, riguardante la Banca d'Italia che la autorizza ad aumentare il proprio capitale a 7,5 miliardi e dispone anche che nessuno dei suoi azionisti può avere più del 5% del capitale sociale. Gli azionisti possono essere banche e assicurazioni non solo italiane ma anche estere, se hanno sede legale e amministrazione centrale in uno Stato dell'Unione Europea. Il passaggio di Banca d'Italia al controllo estero, con queste norme, non è una ipotesi irreale. Infatti, in base alla regola del 5%, il 43,8% delle quote attuali di banche italiane dovrà essere venduto. Intesa San Paolo dovrà cedere il 25,3%, Unicredit il 17,3% e la Cassa di Bologna l'1,2%. Totale 43,8%. Inoltre ci sono già tre soggetti finanziari esteri che possiedono quote di Banca d'Italia. Due, ossia Bnl posseduta da Bnp-Paribas e Allianz, non hanno la sede e l'amministrazione centrale in Italia ma in Francia e Germania. Assicurazioni Generali, pur avendo sede e direzione centrale in Italia, non ha una maggioranza di controllo interamente italiana. Bnl ha il 2,8%, Allianz l'1,3 e Generali il 6,3. In totale soggetti esteri di diritto o di fatto già hanno il 10,4% del capitale di Bankitalia. Sommato al 43,8 di soggetti italiani, che va ceduto, fa il 54,2%.

Si obietterà che ci possono anche essere soggetti finanziari italiani interessati a comprare quote di Banca d'Italia, ad esempio Cassa depositi e prestiti. Ma sin qui ho contato solo le quote che vanno vendute obbligatoriamente, non tutte quelle che possono essere vendute: cioè tutte quelle dei proprietari attuali. E fra questi qualcuno può avere necessità o elevata convenienza a vendere: ad esempio Fondiaria, che fa parte del gruppo Ligresti. Inoltre la convenienza a vendere dipende dal prezzo offerto. E una banca Ue non italiana può offrire un prezzo allettante per ottenere una partecipazione «strategica». C'è un'altra obiezione: il decreto legge consente agli attuali detentori di quote di Bankitalia in eccesso al 5% di tenerle nel proprio patrimonio in parcheggio, senza diritto di voto e senza utili. Una tale partecipazione è accettata dal collegio sindacale di una banca o di un'assicurazione solo in attesa di vendita a un prezzo soddisfacente. Diversamente si tratta di un cespite che è scorretto mantenere, avendo ogni società per azioni, come fine, il profitto. E ciò soprattutto quando si stia discutendo di riserve patrimoniali obbligatorie. Con una maggioranza estera della Banca d'Italia avremmo le mani e i piedi legati entro l'euro perché non conteremmo più nulla in sede Bce e in sede di istituzioni bancarie, come l'Unione bancaria europea, sorvegliata dalla Bce. Non potremmo uscire dall'euro, se lo volessimo, perché le nostre riserve auree valutarie sarebbero nel controllo di banche estere che potrebbero rifiutare di emettere euro-lire, garantite da tali riserve. Perché mai il ministro dell'Economia Saccomanni ha fatto una norma che crea gravosi rischi di perdita di autonomia alla nostra economia? Pare che il ministro sia a Berlino per una riunione riservata col presidente della Bundesbank e il ministro tedesco dell'Economia Schaueble, in cui potrebbe esser discussa l'Unione bancaria europea. Di ciò però si sa ben poco. Ma mi pare di poter affermare che queste norme sono incostituzionali perché poste in un decreto legge mentre a esse manca ogni requisito di necessità e urgenza e perché violano l'articolo 47 della Costituzione, I comma, che stabilisce che la Repubblica disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.


Con Banca d'Italia a maggioranza estera (una novità assoluta per le Banche centrali) la politica del credito è gestita dall'estero. Domando poi se il potere monetario può esser venduto a soggetti esteri per decreto legge.

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