Roma - Tirate d'orecchie dal premier, la macchina dei ministeri che rema contro, i sindacati in guerra e, da ieri, l'altolà pesantissimo del Colle. Non poteva essere più difficile il lavoro di Carlo Cottarelli, economista chiamato dal precedente esecutivo a realizzare la mission impossible di tagliare la spesa pubblica italiana in modo efficace e rilevante. La stessa classe politica che lo ha investito sta mettendo più di un bastone tra le ruote della sua spending review, dalla quale peraltro dipendono le coperture alle misure annunciate sul fisco. La settimana scorsa il premier Matteo Renzi da Bruxelles aveva bocciato parte del progetto del commissario. Ieri, per la legge del contrappasso, Giorgio Napolitano ha rilanciato una dichiarazione dai toni vaghi, ma con un bersaglio preciso: il merito e, soprattutto, il metodo adottato dal premier Renzi sui tagli.
«Ritengo ci sia una grossissima questione», ha detto durante un colloquio con l'agenzia Ansa, «il passaggio da tagli che abbiamo conosciuto assolutamente immotivati» a tagli ragionati in base «a un nuovo ordine di priorità». La spending, per il presidente della Repubblica, «dovrebbe intervenire con capacità selettiva, il che però presuppone discorsi che ancora assai poco vengono fatti». Bisogna considerare «quali sono le presenze realmente essenziali per l'interesse nazionale».
Poi il passaggio direttamente riferito a Renzi. Serve «una discussione seria» e non fatta sotto la pressione di «un'urgenza» che porta a chiedersi «quanto risparmieremo l'anno prossimo». Quindi un appello a rallentare e concertare. Esattamente il contrario dell'agenda che il premier ha in testa: presentare il Def, con le coperture per il taglio dell'Irap da 80 euro al mese, prima del 15 aprile.
Uno stop al decisionismo renziano che il premier ha fatto finta di ignorare, commentando il letterale di Napolitano («Condivido totalmente. Mi sembra che sia un principio sacrosanto», quello di non tagliare le spese necessarie), senza accennare alle conseguenze politiche. Dal Quirinale ieri sera si faceva capire che le frasi del capo dello Stato non sono contro il governo, né contro Cottarelli.
L'appello di Napolitano effettivamente non è nuovo. Ogni volta che i governi (compresi quelli guidati da Mario Monti ed Enrico Letta) hanno abbozzato riforme troppo radicali, si è acceso il semaforo rosso su tagli non selettivi. Nel 2011, si espresse contro l'onda crescente di opinione pubblica che chiedeva l'abolizione delle province. Ai tempi delle spending review di Pietro Giarda ed Enrico Bondi chiese di sforbiciare in modo «non indiscriminato». Poi gli appelli a favore dei singoli settori. Frequenti quelli per la ricerca, la cultura e il Servizio sanitario nazionale. Il Quirinale si espresse anche per l'Agenzia spaziale italiana.
Più recentemente, Napolitano ha di fatto detto no a tagli sugli F35 (ha messo all'ordine del giorno del Consiglio supremo di difesa le «criticità» legati alla legge che dà al Parlamento il potere di decidere sulle spese militari). La chiave geopolitica è una di quelle che possono dare un senso all'appello di ieri.
Anche perché, pochi minuti dopo la dichiarazione di Napolitano, il presidente statunitense Barack Obama, ha espresso «preoccupazione» per i tagli alla Difesa di alcuni paesi Nato, soprattutto ora che il caso dell'Ucraina «ci ricorda che la libertà non è gratis». Affermazione con la quale Napolitano è sicuramente d'accordo. E che anche Renzi non potrà ignorare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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