Il segretario Pdl tira dritto: ora nel mirino la nomenklatura

Alfano smorza le polemiche dopo l'ufficio di presidenza: "Con Berlusconi rapporto leale e di stima"

Roma Il giorno dopo il drammatico ufficio di presidenza in cui ha varcato il suo personale Rubicone politico e blindato le primarie del Pdl, Angelino Alfano riflette sulle prossime mosse da fare. Il «delfino» che per la prima volta ha apertamente contestato le posizioni del suo mentore, è consapevole di camminare su un terreno minato. Una percezione resa ancora più nitida dalla lettura mattutina dei quotidiani, una raffica di titoli che punta tutto sull'«affronto» al capo, sull'esercizio di lesa maestà amplificato e drammatizzato oltre i confini della verità. Il tutto corredato da uno scintillio di lodi e complimenti dal sapore strumentale che hanno come obiettivo non certo quello di rafforzare Alfano ma di colpire Berlusconi. E che lo inducono a dettare un suo personale consiglio alle agenzie.

«Occorre che alcuni quotidiani si mettano d'accordo con se stessi» scrive Alfano. «Quando il Pdl non discute (o a loro pare che non discuta), allora siamo descritti come una caserma. Quando invece c'è una discussione aperta, limpida e trasparente, allora sia un partito in preda a una rissa. È un giochino mediatico che non sta in piedi». «Quanto poi al presidente Berlusconi e a me - prosegue Alfano - il nostro è un rapporto di lealtà e di rispetto assoluti e reciproci. Come capita nella normalità della vita di una famiglia, nelle discussioni appassionate possiamo permetterci di ragionare e di cercare insieme le soluzioni migliori, ma sempre sicuri di farlo con affetto e sostegno vicendevole».
Il segretario del Pdl, comunque, sa bene che ora ha davanti a sé il secondo tempo della sua svolta. Il rischio di trovarsi «all'opposizione» di Berlusconi e contemporaneamente essere identificato come il candidato «di apparato» del Pdl c'è tutto. Come sfuggire allora a questo abbraccio mortale, che ieri si è curiosamente intrecciato con il bacio avvelenato di Gianfranco Fini? La risposta è semplice: rinnovando il partito, procedendo in prospettiva all'azzeramento delle cariche e alla nomina di una segreteria politica.

Il segretario può permettersi, però, in una fase così delicata, con la prospettiva delle primarie alle porte, di esporsi a questa sorta di «rischiatutto» politico? Può davvero sfidare la solitudine, alienandosi contemporaneamente il pieno appoggio di Berlusconi e la simpatia dello stato maggiore del partito? Il paradosso, dunque, è che il famoso «quid», mostrato durante l'ufficio di presidenza, potrebbe trasformarsi in una sorta di boomerang. La sua intenzione è quella di andare per gradi, senza mettere in campo alcuna pregiudiziale anagrafica verso i dirigenti ma di giudicarli in base al merito. Senza rinunciare a qualche iniezione di gioventù, magari attraverso i comitati di sostegno alla sua candidatura (ieri sono nati quelli sponsorizzati da Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi ed Eugenia Roccella, chiamati «Club l'Occidentale per Alfano»).

Per il momento il segretario del Pdl continua a lavorare sulla comunicazione dal basso, quella mirata alle piattaforme dei social network. Ieri, ad esempio, in un videomessaggio su Youtube ha espresso la speranza che «le primarie possano servire a riaccendere la fiamma nei cuori di chi ha sostenuto il Pdl in questi anni». Di certo Alfano dovrà guardarsi dai nuovi, possibili candidati. L'imprenditore modenese Gianpiero Samorì si è lasciato sfuggire una battuta affilata. «Se Berlusconi mi appoggiasse a metà dei notabili del Pdl verrebbe una sincope». Giorgia Meloni non ha ancora sciolto le riserve.

Gianni Alemanno, invece, terrà oggi una riunione nella sua fondazione per riflettere sulle sue scelte. La sua linea è chiara: o il Pdl procederà a un azzeramento oppure uscirà dall'ombra, ritirerà il pettorale e parteciperà anche lui alla corsa per le primarie.

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