Severino in campo sul caso Sallusti: "Cambiate la legge"

Paola Severino interviene sul caso Sallusti e si impegna a cambiare la legge sulla diffamazione. «Sto seguendo con grandissima attenzione questa vicenda - dice al Giornale il ministro della Giustizia -. Oggi stesso (ieri, ndr) ho avuto contatti con l'Ordine dei giornalisti e la Fnsi e la prossima settimana parteciperò a un'iniziativa su questo tema, per affrontare con la massima serietà e urgenza possibile un problema avvertito come fondamentale: quello della regolamentazione del complesso rapporto tra libertà di stampa e tutela della reputazione di chi sporge querela per diffamazione. In particolare, con riferimento alla figura del direttore responsabile e alla questione dell'omesso controllo, così com'è configurato dal nostro codice». La Severino sa bene di che cosa parla e, da avvocato, si è in passato occupata di casi simili a quello del direttore del Giornale, condannato a 14 mesi di carcere invece della multa di cinquemila euro, per un articolo non firmato del 2007 sull'aborto di una tredicenne. La strada che la Guardasigilli indica è quella della modifica della legge in tempi brevi.

Il governo avrebbe avviato dei sondaggi in questi giorni ma, secondo indiscrezioni, a Palazzo Chigi si ritiene di non poter intervenire con un decreto legge, come chiedono politici quali il leader Idv Antonio Di Pietro, il deputato Pdl Alfredo Mantovano e Giacomo Caliendo, responsabile del dipartimento giustizia del partito. L'esecutivo avrebbe le mani legate per il rischio di ledere l'indipendenza e l'autonomia della magistratura. A sbarrare la strada ci sarebbe l'articolo 101 della Costituzione: «I giudici sono soggetti solo alla legge». Un provvedimento così in materia penale è poi rarissimo e qui dovrebbe incidere su un caso specifico. L'ostacolo sarebbe anche la mancanza dei presupposti di necessità e urgenza. Insomma, Di Pietro si sgola inutilmente chiedendo al governo, in una conferenza stampa, di «sostituire la sanzione detentiva prevista per il reato a mezzo stampa con quella pecuniaria», modificando l'articolo 595 del codice penale.

Negli altri scenari, quello del Quirinale che può intervenire solo dopo la conferma della condanna da parte della Cassazione, con la grazia. Ha già inviato un chiaro segnale di disponibilità facendo sapere che «segue il caso», ma per quanto i tempi della grazia vogliano essere brevi, c'è comunque una procedura da seguire. Né risulta che Giorgio Napolitano intenda farsi valere come presidente del Csm, secondo l'appello di Mario Adinolfi del Pd.

Per evitare il carcere a Sallusti c'è poi la possibilità che la magistratura riconosca di aver sbagliato. E domani la Cassazione annulli la sentenza. O che il magistrato interessato ritiri la querela accetti un indennizzo in sede extragiudiziale.

Tutti scenari possibili, ma quello di una legge che cancelli la galera per i reati d'opinione sembra la più probabile. Le ultime proposte sono firmate Di Pietro e Bruno Murgia (Pdl), ma per evitare il carcere a Sallusti dovrebbe arrivare oggi stesso, in sede legislativa in Commissione giustizia, come suggerisce Di Pietro. Così, la Cassazione annullerebbe con rinvio la sentenza della Corte d'appello di Milano: per il principio del favor rei si dovrebbe applicare la legge più favorevole all'imputato.

C'è davvero la volontà di farlo, in Parlamento? Di Pietro insiste: «Possono intervenire le Camere nelle prossime ore». Tanti, anche nella Fnsi, reclamano una nuova norma. «Sallusti non deve finire in galera - dice Silvio Viale, presidente dei Radicali e ginecologo nel reparto dell'aborto del 2007 - ma le scuse sarebbero opportune».

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