Guai giudiziari per una sorella del ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge: Kapya Dora Kyenge, 46 anni, è stata rinviata a giudizio davanti al Giudice di Pace di Pesaro con l’accusa di aver picchiato e insultato una vicina di casa albanese, Aferdita Bquiri, che come lei abita in una casa popolare dell’Erap a Ginestreto. Ad anticipare la notizia è il Resto del Carlino.
I fatti, già noti, risalgono al 18 aprile scorso, anche se la Bquiri, medicata al pronto soccorso con una prognosi di cinque giorni, aveva sporto querela per lesioni, minacce e ingiurie soltanto un mese dopo. I motivi della lite non sono noti: secondo il racconto della presunta vittima, Dora Kyenge l’avrebbe colpita con un pugno al collo, minacciata di morte e insultata facendo anche riferimento al Paese di provenienza, l’Albania, per poi concludere dicendo: "Ho le spalle coperte, mia sorella è in Parlamento".
Dieci giorni dopo il deputato Cecile Kyenge giurava come ministro del governo Letta. A Pesaro Dora Kyenge, uno dei 38 fratelli del ministro dell’Integrazione, ha lavorato con un contratto part-time all’Ipercoop e come sarta. La stampa locale si era occupata di lei anche nel maggio del 2008, quando si era rivolta alla Lega Nord perché la aiutasse a prendere possesso dell’alloggio di edilizia popolare che le era stato assegnato ma che all’epoca era occupato da una famiglia marocchina.
Ci sarebbe una bicicletta all’origine dei guai giudiziari della sorella. La vicina albanese la voleva appoggiare sul muro di un complesso di villette a schiera di edilizia popolare, Dora invece non la tollerava perché considerava quel muro di sua proprietà e non del condominio, e per questo, almeno nel racconto della vicina, ogni volta litigava con Aferdita Beqiri.
"La mia cliente ci tiene a dire che la vicenda non c’entra nulla con il ministro Kyenge, che stima molto condividendone le battaglie per l’integrazione, è ricorsa alla querela dopo una serie di aggressioni per motivi di vicinato. Gli insulti e l’aggressione fisica del 18 aprile scorsi, avvenuti davanti a testimoni, non potevano rimanere lettera morta perchè altrimenti sarebbero continuati per anni.
La mia assistita chiede che il tribunale punisca certi atteggiamenti che non possono essere tollerati, neppure dalla sorella dell’ottimo ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge", spiega l’avv. Rosaria Cipolletta, che tutela la Beqiri.
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