Sorpresa, soldi pubblici per aiutare i De Benedetti

Il finanziamento durante il governo Prodi. A guidare la Cdp c’era Iozzo, sostenuto dal leader dei Ds Fassino

Sorpresa, soldi pubblici per aiutare i De Benedetti

Ci sono anche un po' di soldi pubblici nel dissesto di Sorgenia. Finora la cosa era passata inosservata. Non perché non ci fossero, ma semplicemente perché ad essere finite in guai seri per i debiti da 1,9 miliardi contratti dalla società elettrica del gruppo De Benedetti sono soprattutto le sette maggiori e private banche italiane. In verità, insieme con una quindicina di istituti minori esposti con il «sistema Sorgenia», c'è anche la Cassa depositi e prestiti (Cdp), per 37 milioni erogati nel 2007, come ha rilevato ieri l'agenzia Agi e come emerge anche dall'elenco dei debiti compilato dagli advisor di Sorgenia. Certo, 37 milioni sono poca cosa rispetto agli oltre 600 di Mps, i 370 di Intesa, i 180 circa a testa tra Unicredit, Ubi e Bpm, i 157 del Banco e i 140 di Mediobanca. Addirittura poco o niente se rapportati alla potenza di fuoco di Cdp, stimata in 350 miliardi. Tuttavia si tratta pur sempre di un finanziamento pubblico a una società privata che, a posteriori, si sta rivelando un crac. A onor del vero la decisione di Cdp di finanziare Sorgenia nel relativamente lontano 2007, non può destare troppa sorpresa: la crisi economica era di là da venire e le centrali termoelettriche, in presenza di una domanda crescente di energia, sembravano essere un investimento sicuro. Inoltre per Cdp non si trattava di un impiego anomalo, rientrando ampiamente nella famiglia dei «servizi di pubblica utilità», quali sono quelli di distribuzione di energia (generata da Sorgenia). Non a caso in quello stesso periodo Cassa ha prestato risorse sia ad Aem, sia ad Acea. Quindi ogni sospetto, relativamente al tipo di finanziamento, è da escludere. Detto questo, pensiamo che si possa legittimamente sollevare una questione di opportunità, che ben si inserisce nel clima politico-industriale di quel particolare momento.

Siamo nel 2007, si diceva, e la Cassa depositi e prestiti non era stata ancora riformata e quindi dotata dei poteri di intervento e investimento di cui dispone oggi, anche attraverso il fondo strategico e quelli d'investimento. Era fondamentalmente un canale del Tesoro per finanziamenti pubblici a fronte della gestione del risparmio postale. Al vertice non c'erano né la governance, né i vertici attuali. Il suo presidente era da Alfonso Iozzo, fortemente voluto dopo qualche bel braccio di ferro, dall'allora capo dei Ds Piero Fassino, primo «azionista» del governo in carica, guidato da Romano Prodi. Ecco perché, allora, un investimento di Cdp, ancorché di soli 37 milioni, e comunque relativo a un servizio (finale) pubblico nella società privata fondata da Carlo De Benedetti e controllata dalla Cir, la holding dell'Ingegnere da cui dipendono anche il gruppo Espresso e il quotidiano la Repubblica, può essere inopportuno. E classificabile come operazione politicamente schierata a sinistra.

D'altra parte, in quegli stessi tempi, l'unica banca che in Sorgenia credeva al punto da investire una cinquantina di milioni per l'1,2% del capitale era stata il Monte dei Paschi di Siena. Che oggi è in testa al gruppo dei creditori. A ulteriore conferma che la Sorgenia dell'Ingegnere brillava soprattutto a sinistra.

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